

ruzione dei costumi implicita in un robusto decollo industriale, ecc. ecc. Tutto
giusto, tutto storicamente esatto, ma secondo me questi paragoni storici fanno
troppo onore a questa proposta, perché potrebbero far pensare che sia possibile
un'analogia, sia pure superficiale, fra Amendola ed i giacobini rivoluzionari, Ma
così non è. L'elogio della frugalità e dell'austerità nel Settecento è infatti
inscin-
dibilmente
connessocon lo sdegno più accesoverso l'ostentazione del lusso e del-
lo spreco; i fatti della Scala di Milano, la questione dell'autoriduzione (che non
honessuna intenzione di mitizzare), i rabbiosi attacchi del PCI contro questi fe-
nomeni ci dicono invece che lemassemoderne che dovranno
praticare
l'austerità
sulla loro pelle non avranno più neppure il diritto di sdegnarsi e di ribellarsi con-
tro l'ostentazione del lusso (se non nella propria coscienza individuale, cosa che è
semprestata possibile) senzaessere riempite di fango e di merda. I l lusso non è
notoriamente un «anacronismo» storico, ma al contrario è un rito di autocelebra-
zione della propria
attuale
potenza economica e sociale; chiedere di «isolare» i
ricchi (così come si chiede di isolare i comizi fascisti) è di disarmante comicità,
perché la funzione stessadell'ostentazione suntuaria è la conferma materializzata
del proprio «isolamento» dalla genericità degli humiliores. L'austerità di Berlin-
guer non ha perciònessunagrandezza storica e conRousseau non è possibilenes-
sunaanalogia. Tutto il contributo di Donolo, che pure contiene osservazioni pe-
netranti e condivisibili (che però sono per così dire incidentali nello sviluppo del
discorso), è impregnato di ambiguità nei confronti di quella che lui chiama «la
lenta formazione di un'ideologia condivisa all'interno dell'arco costituzionale, ma
specificamente fra i due partiti di massa; in una formula, una statualità populisti-
co-paternalistica, fatta di buon governo, stato benevolente, protezione e ricono-
scimento degli interessi popolari, efficienza, responsabilità ed ordine, anche con
elementi autoritari, se necessario». Ma come, c'è ancora qualcuno che crede nel
«mito» del buon governo? Si desidererebbe poi maggiore chiarezza sulla questio-
nedegli «elementi autoritari». Che cosa vuol dire?
Storicamente si è sempre distinto fra autoritarismo progressivo ed autorita-
rismo regressivo, o reazionario. Termini mutuati da una analogia «spaziale»:
Pietro il Grande porta «avanti» la storia della Russia, Mussolini porta «indietro»
la storia d'Italia. E chiaro che è del tutto impossibile fare un uso scientifico di
questi termini. E invece possibile
non fermarsi
alla constatazione descrittiva che il
PCI presenta un
doppio carattere,
con elementi «espansivi» di democrazia parte-
cipativa frammisti a ipotesi manipolatorie e autoritarie, ma cercare d'individuare
non solo qual è l'aspetto principale della contraddizione, ma anche in cosa con-
sistepropriamente questo «autoritarismo». Nella lotta «autoritaria» contro i «re-
sidui feudali» e la rendita parassitaria?Questo lasciamolopensare alla DC. Nella
repressione «autoritaria» delle brigate rosse e della cosiddetta «autonomia»?
Questo lo fa benissimoCossiga, senza per questoperseguire la completa integra-
zione nella struttura dello stato di uno dei più grandi partiti operai storici d'Eu-
ropa. E chiaro che l'autoritarismo del progetto del compromesso storico deve ri-
siedere in qualcosa di diverso; penso che se i compagni prestassero
meno
atten-
zione alla parola «compromesso», che ha pochissima importanza, e ne prestasse-
ro di
più
alla parola «storico», che ne ha moltissima, porremmo le condizioni di
baseperché si crei finalmente un «sensocomune» nella «nuova sinistra» sul ca-
rattere intrinsecamente autoritario di una conciliazione istituzionalizzata fra classi
sociali fondamentali nella situazione attuale di intreccio fra stato, ciclo capitalisti-
coe accumulazione.
Standocosì le cose, che cosa vuol dire: «la situazione èeccellente»? La situa-
zione v o r r e i sbagliare n o n è affatto eccellente: e questo non tanto, e non
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