

un reale approfondimento: ma la prima funzione mi pare esercitata per ora più
da un'automatica collocazione «ambigua» dell'eurocomunismo nell'Europa degli
anni '70 che da una superiorità «filosofica» di Cossutta su Husak, mentre la se-
conda funzione mi sembra strutturalmente destinata a declinare con l'ulteriore
svolgimento della logica di sviluppo del compromesso storico, che è autoritaria e
repressiva per sua propria natura. Resta il fatto che è meglio evitare il termine di
«socialdemocrazia»; ma questo per il semplice, banale motivo che l'uso di questo
termine nel contesto italiano può ingenerare il grave equivoco che il rapporto vi-
gente in Germania Federale fra classe operaia, società e statopossaesseresuper-
ficialmente paragonato con quello che vige in Italia: ma questo non è, per pro-
fonde ragioni afferenti la composizione di classe, il mercato del lavoro, il capitale
finanziario, ecc. ecc. È anchemeglio evitare il termine «socialdemocrazia repres-
siva»; anche se coloro che lo propongono vogliono evitare il facile e fuorviante
paragone storico con l'errata analisi del «socialfascismo», di fatto poi fanno co-
mecoloro che dicevano che «Bruning è già Hitler» dimenticando che per ora nel
PCI la tendenza alla «repressione selettiva delleminoranze dissidenti che lottano
contro il patto sociale democratico» è per l'appunto solo ancora una tendenza,
checoesiste con altre che sono per il momento più forti ed «espansive». È questa
anche la ragione che consiglia di evitare la titolarità al PCI di «riformismo del
grande capitale» e di «partito di governo della borghesia». È vero che la borghe-
sia, come classe interessata alla riproduzione complessiva dei rapporti sociali di
produzionemarcati comunque dalla sua funzione-dominio e non solocomeclasse
«sociologica» interessata al mantenimento dei privilegi ereditari cui sono titolari
lestesse famiglie fisiche che permangono nel fluire delle generazioni, abbisogna
di una solida guida, di un buon centro direzionale e di una buona cinghia di tra-
smissione. È vero che chi negaquesto
non
deve poi dichiararsi «maoista», perché
una delle basi del «maoismo», comunque definito, consiste proprio nel riconosci-
mentoche il Partito Comunista è l'ultimo rifugio
strategico
della borghesia, il ba-
luardo nel quale il suo dominio generale potrebbe finalmente acquistare una cen-
tralizzazione economica e una legittimazione ideologica di gran lungamaggiore di
adesso; cosa evidentemente del tutto ignota a molti maoisti nostrani per i quali
Mao è in fondo sempre stato una specie di animatore scolastico che ogni tanto
dava il via a degli happeningscasinistico-surrealisti in cui l'immaginazione era fi-
nalmente al potere. Per il momento però questa tendenza è appena abbozzata;
gabellarla per «già in corso» sarebbe solo una ripetizione tragicomica dell'atteg-
giamento di molti seri intellettuali marxisti degli anni '30, che avevano costruito
una affascinante Trinità Borghese (unica in tre persone distinte, come quella della
teologia bizantina) con il fascismo hitleriano, lo stalinismo sovietico ed il New
Deal rooseveltiano.
Eccoperché bisogna avere un po' più di rispetto per il termine di «revisioni-
smomoderno», purché, ovviamente, si cerchi di definirlo con «noiosa» esattezza.
I «revisionisti» non sono affatto coloro che rifiutano il «dogmatismo» e l'attac-
camentonoioso e sterile alla lettera della dottrina «invariante» e che respingono
il ruolo di Vestali del Sacro Fuoco e di ripetitori di frasi fatte; se fosse solo que-
sto farebbero benissimo, come disse del resto un famoso antirevisionista come
Mao Tse-tung, che sostenne una volta che il «dogmatismo» non vale più della
«merda di cane». I l «revisionismo» non si riduce neppure e non si risolve affatto
tutto nel «riformismo»; sarebbe troppo bello e semplicese fosse solo così!!! Chi
non farebbe volentieri un pezzo di strada con i «riformisti», sequesto riformismo
fosse— come dice di essere — la cosciente e graduale introduzione di «elementi
di socialismo» in un «capitalismo orientato» che sta imboccando la via del suo
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