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del tutto omogeneo al più complessivomodo «reazionario» con cui la vecchia

borghesia capitalistica fa i conti con questi nuovi fatti emergenti. Premesso che

essere«reazionari»

non

vuole affatto dire nonesserecapaci di prendere l'iniziati-

va a tempo e a luogo prima dell'avversario, vediamo schematicamentese il vene-

rando «paleomarxismo» ci soccorre per comprendere questi fenomeni «nuovi».

Sul primo punto — la nuova classe operaia — non conosco approccio migliore

(ma se c'è, me lo si dica) di quello del

Capitolo VI inedito

del

Capitale

di Marx

che, chiarendo l'inarrestabile processo della sottomissione del lavoro al capitale

dal livello «formale» a quello

«reale»

chiarisce a un tempo il carattere utopico-

reazionario della pretesa di far tornare lo scambio fra lavoro salariato e capitale

al livello della sottomissione «formale» quandoesso è già stato

realmente

sotto-

messo(pretesa che è alla base dei vari «modi nuovi» di fare questo e quello)

ed

insieme

il carattere fasullo di una riappropriazione puramente «formale» dei pro-

duttori sulle condizioni del loro lavoro che scambi la socializzazione capitalistica

delle forze produttive per una già compiuta «socializzazione socialista» che abbi-

sognisolamente di una nazionalizzazione giuridica. Sul secondo punto — la nuo-

vapiccola borghesia— non conoscoapprocciomigliore (ma se c'è, me lo si dica)

di quello complessivo dei

Grundrisse

di Marx che chiarisce la relativa obsolescen-

za dei

vecchi

significati di lavoro produttivo e improduttivo (significati cosciente-

mentemantenuti a scopo ideologico dai fustigatori moralistici dell'«improduttivi-

tà» del terziario, degli impiegati, dei piccoli borghesi pidocchiosi, ecc.) in una si-

tuazionenuova in cui il processo di realizzazione del plusvalore diventa importan-

tequanto il processo della sua produzione. Donolo conoscebenissimoqueste co-

se,comeconoscebenissimo l'atteggiamento — teorico e pratico — del PCI verso

queste realtà sociali emergenti negli ultimi anni in Italia (dico in Italia perché al-

trove sono già notoriamente emerse prima); è proprio sicuro che — dato e non

concessoche il Sessantotto sia

strutturalmente

questo — il PCI ne possadiventa-

recomunque il legittimo erede, anche ipotizzando la futura totale incapacità di

una forza politica di occuparequestospazio?

Sonoinvece d'accordo che la «nuova sinistra», la quale ha spessooccupato

il palcoscenico del '68 con grandi clamori, non ha affatto saputo dotarsi di

un'autocoscienzaadeguata alla suastessaprassi; non certo però per gli stessi mo-

tivi che Donolo qua e là adduce. I l tema della «falsa coscienza» dei movimenti

«radicali» è sempre stato un tema notoriamente caro a Donolo, ma questo tema

stessopuòessere affrontato da due angolature completamente diverse. La prima

consistenell'opporre alla falsa coscienza con cui gli estremisti vivono in generale

la loro propria prassi una sorta di «oggettivismosociologico» che consiste in una

serie di «medietà ideal-tipiche» costruite a partire da ciò che si ritiene essere«rea-

listicamente»possibile in un certomomento politico dato: è questa a mio parere

l'angolatura che Donolo solitamente finisce col privilegiare. C'è una seconda an-

golatura, a mio parere più corretta, che invece vede nell'insufficienza teorica di

unaprassi politica data il sintomo di una insufficiente unificazione sociale di for-

zedi cui si vuole però tener ferma la centralità strategica e le sueconnesse «unila-

teralità» ed «estremizzazioni». I l privilegiare questaseconda angolatura permette

fra l'altro (e non è poco) di evitare l'analisi di certi fenomeni sociali con categorie

quali «disgregazione» oppure «corporativismo». Rimane certo il problema di una

«teoria» adeguata alla potenzialità strategicache il '68 ha permessod'intravedere;

suquesto è vero chesiamo tutti male attrezzati. Il Manifesto-Pdup e Lotta Conti-

nua, nei loro diversi esiti, sono un'illustrazione di tutto questo. L'autocoscienza

teorica del primo gruppo si è fondamentalmente costituita con la giustapposizione

instabile di una concezione

qualitativa

del marxismo, incentrata sulla tensione al-

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