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La dottrina borghese classica i l giusnaturalismo — aveva fornito una giu-

stificazione estremamente semplice a n c h e se astorica — del problema:

l'indivi-

duopreesiste alla società. Ma

in questa formulazione, al di là della sua astrattez-

za, c'è un elemento di profonda verità: i l soggetto non si risolve nelle sue forme

sociali di esistenza,

la costituzione del soggetto è quindi

trascendentale.

Ciò signi-

fica che il rapporto tra il soggetto e l'organizzazione politica si pone — sia pure

teoricamente, non storicamente — come primarietà ontologica del soggetto e la

organizzazione sociale è coniugazione dello statuto trascendentale del soggetto. I l

problema è però di vedere come tali affermazioni non siano una semplice rifor-

mulazione dell'atomismo politico liberale. A me pare che le condizioni per una

definizione della libertà in senso socialista ci siano e poggino su base materialisti-

ca; è oggi infatti possibile pervenire ad una nuova definizione dell'autonomia del

soggettoche non consista nella riproposizione dell'individualismo liberale, mentre

d'altro lato deperiscono le ragioni storiche che favorirono l'accoppiamento di so-

cialismo e autorità. Sia ben chiaro comunque che per deperimento intendo cessa-

zione di razionalità storica e non inesistenza poiché, sul piano fattuale, in base a

quanto detto prima a proposito delle tendenze oggi dominanti sulla scena politi-

ca, è vero invece il contrario.

Il punto centrale è comunque la definizione trascendentale, in termini di au-

tonomia etico-politica, della categoria di libertà e, conseguentemente, il saper ri-

conoscere che questo è il perno attorno cui ruota, in funzione del soggetto, una

teoria dell'organizzazione sociale. I l deperimento delle funzioni di autorità, il ri-

conoscimento della primarietà delle funzioni di autonomia del soggetto, l'obbiet-

tivo, politicamente concreto, di non intervenire con procedure di socializzazione

là dove può esseremantenuta senza danno la dimensione del privato, sono tutte

pratiche di gestione del potere che possono trovare concreta attuazione anche in

una società fortemente complessa. Le prassi di autonomia e autoregolamentazio-

nenon sono velleitarie se vengono inserite in una concezione realistica dell'orga-

nizzazione politica; si tratta invece, come sempre, di una

questione di classe

che

spiace ai detentori del potere, di qualunque genere, poiché l'autoregolamentazio-

nesignifica crisi della centralizzazione e del potere discendente, perdita della ca-

pacità di controllo sullemasse.

Certo intendere il progressivo estinguersi dello Stato, come lo ha concepito la

teoria marxista classica, in termini di semplificazione degli apparati di gestione e

di decisione politica, è illusorio e, per di più, altamente mistificatorio; le cause

della complessità dell'organizzazione sociale sono immanenti alla base tecnica del-

la società attuale e non sono mera funzione degli esistenti rapporti di produzione.

Ma l'esito concreto che la veste politico-istituzionale dell'estensione del sistema

autoritario dalla fabbrica alla società ha avuto nelle società capitalistiche e del so-

cialismo «realizzato», non è il dispiegamento di un destino oggettivo, che debba

perpetuarsi anche in futuro. Le nuove forme di soggettività che emergono dal

contesto delle lotte, a partire dagli anni '60, testimoniano invece della obsolescen-

za delle categorie di autorità che presiedono alla gestione del potere sia nelle so-

cietà capitalistiche che in quelle socialiste autoritarie. Esse sono sintomo di una

crisi dell'autorità, della gestione del potere discendente, della socializzazione di

tutte le forme di esistenza, dei meccanismi di delega che presiedono alle forme

mistificate di rappresentanza e alla formazione del consenso su base eterodiretta.

Causa di questa crisi non è — si ricordi — la rivolta morale di frange estranee al-

la società, di gruppi posti in crisi dallo sviluppo produttivo ed emarginati dai

centri di potere; essa rivela invece che qualcosa si inceppa nei meccanismi più de-