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NON SPARATE SUL TERAPEUTA

Si stampano una massa di libri in cui si parla di volta in volta di pedagogia, psicolo-

gia, psicanalisi, illuminazione interiore, culti misterici e buddismo. Non so se in f in dei

conti sia del tutto legittimo voler distinguere con un taglio netto fra la produzione scienti-

fica e quella che non lo è, oppure fra il «genuino» interesse per le discipline psicologiche e

una confusa fruizione autogratificatoria di testi spiritualisti o irrazionalisti. Da un lato mi

pare inutile ricordare che psicanalisi, psicologia umana o psichiatria non sono affatto

scienze, per lo meno nel senso in cui aspirano a esserlo la fisiologia, l'economia o la so-

ciologia, e sono in piena crisi; da un altro lato, credo sia evidente che gli scritti — ad

esempio — di Alan Watts o di Aldous Huxley sugli effetti delle sostanze psichedeliche e

su certe «vie» orientali alla conoscenza di sé non possano venir liquidati solo accusandoli

di essere non scientifici, non più di quanto sia lecito lamentare la mancanza di sistematici-

tà del filone aforistico e moralista della cultura europea che va da Montaigne e Nietzsche,

fino ad Adorno. Ben al contrario, credo che precisamente la attuale rivalutazione del pen-

siero asistematico, la caduta tendenziale della distinzione tra

fiction

e

non fiction

(e talora

anche fra simbolico e immaginario) l'interesse per le psicologie eretiche, la riscoperta an-

che in Europa della inquietante capacità problematizzante del buddismo Zen, e perfino una

discutibile lettura filosofica dei romanzi fantastici di Tolkien, o la sopravvalutazione di un

Castaneda, non solo non vadano sottovalutati né liquidati in blocco con formule frettolose,

ma possano costituire anche un motivo in più di ripensamento, nella situazione attuale di cri-

si delle discipline psicologiche più ufficiali. Ciò detto resta salva ovviamente la necessità di

distingure, vagliare e giudicare, e anche di condannare senza ambiguità né comodi possibili-

smi gli aspetti e gli usi più mistificati e regressivi del calderone psicologico ufficiale altrettan-

to come di quello eretico.

Ma non è di questo che vorrei parlare. Purtroppo ciò che accade non è sempre lo

smantellamento della rispettabilità e dell'aura dell'«esperto», bensì i l contrario. Soprattut-

to la psicoterapia, e la figura dello psicoterapeuta, sembra a volte risulti rafforzata da

questa diffusione di immagini, racconti e idee eretiche: in ultima analisi, dopo la delusio-

ne di viaggi veri, simbolici o immaginari, nella crisi anche personale, anche psicologica di

molti che avevano cercato risposte in campi e pratiche fra le più diverse, sembra finisca

col prevalere la delega al tecnico, o ai vecchi e nuovi santoni. Si va dallo psicanalista, o a

consultare lo psicoterapeuta (essendo lo psicanalista solo un terapeuta che usa il metodo e

l'approccio più tradizionalmente freudiano), l o si feticizza per errore e disperazione e si

spera in quest'ultima guida e nella sua laica scienza.

Un libro come questo di Sheldon K opp, Se incontri i l Buddha per la strada uccidilo

(Astrolabio 1975, 200 pagine, 4.500 lire) non è molto migliore di tanta produzione mal

tradotta e buttata sul mercato, ma va segnalato in questo momento perché è uno dei po-

chi testi disponibili che permetta di capire meglio cosa è i l terapeuta e a cosa serva la psi-

coterapia, e soprattutto quali sono i suoi limiti. (Consiglierei a chiunque abbia curiosità e

bisogni di questo tipo anche la lettura de

Lo psicanalista sul divano,

di Tilmann Moser,

Feltrinelli 1975, di

Psicanalisi interrotta

di Cesare Viviani, SugarCo 1975, e quando uscirà

in Italia de

L'uomo col magnetofono

di

J.

J. Abrahams, L'Erba Voglio 1977. Non credo

affatto che la lettura, che è gradevole, di queste operme tolga ogni fiducia nella psicotera-

pia, e quindi forse ogni sua efficacia: a l contrario, forse insegna meglio come usarla

quando se ne ha bisogno).

Non conosco il dottor Kopp e non avevo mai letto nulla di suo, ma nel suo libro par-

la abbastanza di se stesso, e fa venir voglia di incontrarlo. È di famiglia e di cultura

ebraica, esercita a Washington, da giovane dev'esser stato un po' o molto

hipster,

un sac-

co di marihuana è passata per i suoi polmoni, è stato operato di un tumore al cervello e

ne ha tratto una transitoria esperienza di follia e di morte, ama la natura, è probabilmen-

te un ottimo terapeuta piuttosto eterodosso e originale (come sono quasi tutti i buoni tera-

peuti), e fa di tutto per demistificare i l suo ruolo, cosa che mi sembra molto sana. Per i l

resto, la sua ideologia non esce dai confini del borghese medio-colto un po'

radica!

amen-

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