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cordaregiustamente (col compagnoFiameni) che il tessuto di militanti operai che Montai-

di frequentò agli inizi della sua formazione politica in Italia e all'estero era più o meno

strettamente legato al bordighismo e si poneva come prolungamento estremo di un'espe-

rienza politica originale del proletariato italiano.

Credo invece sia più importante chiederci dove stanno i limiti dell'opera di tvIontaldi.

Il Partito comunistache abbiamooggi di fronte si qualifica certo per alcuni tratti disegna-

ti con recisa chiarezza da Montaldi, soprattutto nei suoi rapporti verso lo stato, ma per

altro verso si qualifica soprattuttocome portatore di un progettoeconomico di uscita dal-

la crisi; in altri termini, la linea politica del partito passa per argomentazioni di tipo eco-

nomico, la sua ideologia è mediata dalla scienzaeconomica post- keynesiana e deve fare i

conti con un capitalismo che ha perdutomolte delle caratteristiche «sociali» dei tempi di

Roosevelt e di Keynes, ed ha assunto invece la figura di signore della crisi. Deve fare i

conti con una scienza economica che ha perduto la grande unitarietà del periodo neo-

classico, deve fare i conti in definitiva con una borghesiache è stataessastessasconvolta

dallagestione della crisi ad opera delle multinazionali e della loro veste finanziaria. Deve

fare i conti con una gestione capitalistica del denaro e della crisi monetaria assolutamente

nuova, in termini che sfuggono all'analisi della stessaeconomiamonetarista. Deve fare i

conti soprattutto con una versione italiana della crisi, con una struttura produttiva che si

porta dietro il retaggiopesante di decenni di sostegnopubblico alla rendita ed al profitto,

di una contrattazione della divisione internazionale del lavoro ad opera della DC tale da

legare l'anello debole del capitalismooccidentaleconcateneesternepesantissime.

Non si tratta solo del fatto che «l'economico» ha prevalso sul «politico», si tratta

proprio di uno stadio capitalistico diverso da quello togliattiano. Ora, come si pone oggi

il PCI di fronte a questecose?L'appoggio prudente alle politiche di austerità, il benepla-

cito ad una flessibilità sindacale sul costo del lavoro, la depoliticizzazione delle nomine

bancarie ed altre scelte di politica economica non sono sufficienti a tratteggiare un'imma-

ginecompleta del PCI e del suo progetto di uscita dalla crisi. I l PCI oggi è invece il por-

tavoce di un determinato «modo di produzione», di associazione tra capitale e lavoro, che

giàconcretamente oggi rappresenta una fetta rilevante dell'economia italiana; mi riferisco

alle cooperative agro- industriali, al settore della piccolo-media industria emiliana e di al-

tre regioni dell'Italia centrale, che sonostate tra le poche isole non colpite dalla crisi; mo-

di di produzione dove lo spirito imprenditoriale, la connivenza con la forza-lavoro occu-

pata, il godimento di condizioni creditizie assai favorevoli, l'estrema dinamica commercia-

le all'interno e soprattutto all'estero hanno garantitosaggi di profitto che la crisi invece di

colpire ha visto aumentare e doveoggi si godonocondizioni salariali eccezionali. Anche se

il reddito prodotto da queste imprese è una frazione minima di quello nazionale, esseac-

quistano tuttavia un grande prestigio di «modello politico- economico», cioè un carattere

trainante in un'economia «da riconvertire» come quella italiana. Ma non sono soltanto

questi i settori in cui il partito comanda forza- lavoro>si aggiunganomolti settori margi-

nali, dei trasporti, dei servizi, per non parlare poi del pubblico impiego e dell'edilizia.

Amministrando più della metà del territorio italiano, il PCI è oggi uno dei grandi signori

del suolo e può, con le sue scelte, condizionare il tipo di sviluppo e il ritmo di sviluppo

del settore edilizio e dell'investimento immobiliare. Senza parlare dell'impiego nell'ente lo-

calee di tutto l'ampio indotto che la spesadell'ente locale crea. In sostanzaquotesempre

crescenti di forza-lavoro sonocomandate dal partito, in alcuni casi con straordinario di-

namismoeconomico, in altri casi con un'incredibile insensibilità ai processi di nuova com-

posizione di classe e di dinamica dei bisogni — cioè di dinamica economica — ad essa

connessi. Che si passi da unasussunzione formale ad una reale della classenel partito? È

un'ipotesi di lavoro, molto più concreta, oltre che suggestiva, di tante imbecillità sul so-

cialfascismoche i soliti evocatori di spettri ideologici della Terza Internazionale amano

mettere in giro.

SergioBologna