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tanti, prima di riempire la scheda, si fosseropreoccupati di sapere per quale can-

didato l'organizzazione interna informale voleva che si votasse.

Alla violenza degli apparati repressivi sui detenuti e a quella interna al grup-

po dei detenuti (che si estrinseca in uccisioni, ferimenti e pestaggi quotidiani sui

quali regna la più assoluta omertà) vanno aggiunti frequenti casi di autoviolenza

(suicidi, ferimenti ecc.). In mancanza di statistiche precise al riguardo, ci si deve

tenere alle notizie fornite dai giornali, i quali riportanospessonotizie di detenuti

suicidatisi in carcere (6).

3. U n altro elemento sul quale occorre soffermarsi è costituito dalla presen-

za di portatori di ideologia politica nel carcere. Negli anni passati, in relazione ai

fenomeni diffusi di contrapposizione alle strutture tradizionali nelle università

ecc., erano finiti in carcere molti militanti di organizzazioni di sinistra. La loro

presenzaaveva determinato un salto in avanti nella politicizzazione delle lotte dei

detenuti, i quali ne avevano tratto un certo apporto per portare avanti da un lato

le loro richieste di «riforma» del carcere, dall'altro per comprendere il carattere

di classe della istituzione e la curvatura di classe che presenta sempre il reato,

qualunque tipo di reato, anche quando non appaia esplicitamente «politico».

Con il passare del tempo, la presenza in carcere di esponenti degli extraparla-

mentari di sinistra (nella accezionecomune del termine) si è andata attenuando ed

èstata sostituita, anchese in misura notevolmente ridotta, da portatori di di3sen-

soultraradicale (teorici e pratici della lotta armata ecc.). La presenza di costoro

siappalesa in certo qual modo aggregante, dovendo ora la eventuale aggregazio-

neavvenire su ipotesi estreme non facilmente assimilabili dalla granmassadei de-

tenuti. Va notato tuttavia che se l'aggregazione non riesce su un piano politico

generale, sembra riuscire meglio a livello di «fuga» dal sistema carcerario: sono

molte le evasioni collettive (tentate o realizzate) effettuate negli ultimi tempi con

la partecipazione di appartenenti a nuclei quali le BR, i NAP ecc. Quali che siano

le ragioni, resta comunque il fatto di un certo riflusso del movimento politico dei

detenuti, il quale spiega in parte il predominio riacquistato da strutture di potere

informali di tipo mafioso da sempreesistenti negli istituti carcerari.

Tuttavia, se si può parlare di riflusso politico, qualora si adoperi il termine

«politico» per descrivereunapresa di coscienza culturale, ideologica ecc. dei mec-

canismi della devianza, della natura sempre di classe dei processi di criminalizza-

zione e della necessità di profondi mutamenti politici (in via lunga) nella società

perché la dimensione carceraria possa in qualchemodomodificarsi, non può es-

serenegato che, se per «politico» si intende (come forse deve intendersi) soprat-

tutto un movimento collettivo, ampio e radicale di negazione pratica del sistema

carcerario, inteso come sistema di esclusione, di violenza di classe ecc., il movi-

mento dei detenuti, con le sue continue proteste nell'anno 1976, è stato quanto

mai vivo ed operante.

4. S u questa situazione si è innestata la cd «riforma». Costituita dalla legge

26.7.1975 n. 354 e dal successivo (di un anno) regolamento di esecuzione del 29

aprile 1976 n. 431, la «riforma» ha eliminato alcune delle più arcaiche disposizio-

ni della precedente disciplina fascista del carcere, senza tuttavia apportare nessu-

(6) Statistiche precise di fonte ministeriale si hanno per la Francia, che ha una popolazione carceraria per numero

assai vicina a quella italiana (circa 34.000 in Italia, circa 32.000 detenuti in Francia). In questopaese il numero

dei suicidi per il primo semestre del 1976 è stato di ventiquattro («Le Monde» del 4 novembre 1976). Va notato

che il numero di gran lunga maggiore dei suicidi si riscontra proprio nel carcere più «nuovo» del paese, quello

ultramoderno di Fleury-Mérogis.

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