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RomanoCanosa

ANCORA SULLA SITUAZIONE CARCERARIA

1. L a situazione all'interno delle prigioni italiane è stata caratterizzata, nel-

lasecondametà del 1976, da una serie continua di «rivolte» che hanno coinvolto

i reclusori suquasi tutto il territorio nazionale, da Palermo a Torino, da Favigna-

na a Fossano (1). Le rivolte sono state in gran parte motivate dall'aspirazione a

vedere attuata la recentissima legislazione di «riforma», anche se non sonoman-

cate, in alcune località, motivi più specifici (ad esempio, a Firenze la ragione del

sequestro di alcune guardie nel dicembre scorso è stata la protesta contro i pe-

staggi; la stessa ragione è stata alla base di una protesta avvenuta nel carcere di

Vicenza all'inizio di novembre; a Catania per i tumulti di ottobre, nel corso dei

quali erano stati uccisi due detenuti e ne erano stati feriti altri due, si avanzano

sospetti che la rivolta possaesserestata scatenata per avere l'occasione di uccide-

re i quattro ecc.).

La risposta degli apparati di stato a queste forme di protesta è stata la solita:

intervento delle forze di polizia all'interno del carcere con violenze sui detenuti (è

il caso delle Nuove di Torino, dove all'inizio di settembre, ottocento carabinieri

edagenti di p.s. irrompevano nel carcere con idranti, cani e lacrimogeni, pic-

chiando i detenuti con i manganelli ed i calci dei fucili, con feriti da entrambe le

parti; dell'Ucciardone di Palermo, dove nel dicembre la rivolta veniva domata

conl'ingresso nel carcere di oltre cinquecento tra carabinieri ed agenti di p.s. con

cani e lacrimogeni, anche qui con feriti da entrambe le parti), oppure trasferi-

menti ad altri carceri, spessoutilizzando insieme le due «risposte».

2. L a dimensione carceraria è caratterizzata da una violenza «primaria»

(perdita della libertà) e da flussi di violenza per così dire «secondaria» che si in-

tersecano l'uno con l'altro, rendendo invivibile la condizione di detenuto.

In primo luogo gli interventi violenti degli addetti alla istituzione su coloro

che vi sono rinchiusi. Indubbiamente la situazione sotto questo aspetto varia da

carcere a carcere, in alcuni il comportamento degli agenti di custodiamuovendosi

daqualche tempo nei limiti della legalità, quantomeno sotto l'aspetto qui consi-

derato (il carceremilanese di S. Vittore sembra costituirne un esempio). In carce-

ri periferici al contrario, almeno a quanto risulta da numerose ed univoche di-

chiarazioni dei detenuti, la situazione è alquanto diversa e le prassi tradizionali (il

«santantonio» ad esempio e la esistenza di «squadrette» di agenti all'uopo impie-

gate) sono ancora oggi tutt'altro che rare nei confronti di quei detenuti che «tur-

bino» o tentino di turbare l'«armonia» della prigione. I fatti già indicati di Firen-

ze, di Vicenza ecc. mostrano del resto che la presenza di prassi violente chiara-

mente illegali non si verificano soltanto nel meridione e nelle isole, ma anche in

altre regioni d'Italia. Non è raro infine neppure l'uso delle armi da fuoco da par-

tedelle forze di polizia e dei carabinieri in casi di tumulti all'interno del carcere.

Non è qui il caso di parlare ancora di Alessandria, Firenze, San Gimignano ecc.

L'ultimo esempio è costituito da quanto avvenuto a Piacenza l'ultimo giorno del-

loscorso anno, dove la uccisione di un detenuto, dapprima attribuita alla «cadu-

ta dal tetto», poi all'azione di altri detenuti, poi ad un tentativo di evasione, ve-

(1) Vedi al riguardo «Carcere Informazione», n. 1, novembre 1976.

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