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Francesco Ciafaloni

LA COAZIONE A RIPETERE

ovvero LA FESTA È FINITA

«Ma quanto alla prudenzia ed alla stabilità, dico come un popolo è

più prudente, più stabile e di migliore giudizio che un principe. E non

sanza cagione si assomiglia la voce di un popolo a quella di Dio: perché

si vede una opinione universale fare effetti maravigliosi nei pronostichi

suoi; talché pare che per occulta virtù ei prevegga i l suo male ed i l suo

bene...E se nelle cose gagliarde, o che paiono utili, . . . egli erra, molte

volte erra anche un principe nelle sue proprie passioni, le quali sono

molte più che quelle dei popoli.., nè mai si persuaderà a un popolo che

sia bene tirare alle degnità uno uomo infame e di corrotti costumi: i l che

facilmente e per mille vie si persuade a un principe; vedesi un popolo co-

minciare ad avere in orrore una cosa, e molti secoli stare in quella opi-

nione: i l che non si vede in un principe»,

(Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio)

La morte di Mao e la susseguente epurazione di quattro dirigenti «di sini-

stra» ha suscitato emozioni profonde e contrastanti in gran parte della sinistra

italiana. Ed i concetti usati per descrivere e giustificare queste emozioni sembrano

ripetere, in sedicesimo, quelli già usati, talora dalle stesse persone, in analoghe, e

più tragiche, circostanze passate.

Da una parte si è levato un sospiro di sollievo perché finalmente «l'imbroglio

maoista» veniva smascherato dalla sua stessa dipendenza dalla persona fisica del

capo carismatico; perché la Cina scendeva finalmente, di nuovo, dal cielo in ter-

ra; perché i radicali, i pazzi, le teste calde venivano sostituiti dagli amministratori

seri e capaci; perché risultava evidente (finalmente!) la follia degli adepti indigeni

di questo culto orientale; perché quella che era stata gabellata per la grande e de-

mocratica autonomia di decisione di un intero popolo si rivelava ora una volgare

parata oceanica pronta a reiterare entusiasmi e consensi per le più varie e contra-

stanti defenestrazioni, ferme restando le accuse (restaurare i l capitalismo; riporta-

re al potere la borghesia compradora; far girare indietro la ruota della storia e si-

mili). Colletti ha scritto un secco articolo di critica antidogmatica e antistalinista,

per una volta tanto (per me), persino condividibile. Spriano, intoccato dalla «si-

gnorilità» di Colletti, ha seguito l ' invito maoista a «bastonare i l cane finché è in

acqua» e, per usare le sue parole, ha «infierito». L'«Economist» ha fatto una tra

le più belle delle sue copertine con foto di Hua Kuo-feng davanti alla tavola an-

cora imbandita alla fine del pasto, le coppe, i cristalli, i l sorriso, la sobria elegan-

za (non più quella terribile e perfetta d i Ciu En-lai) e la scritta «the party is

over», che con qualche forzatura vuol dire quasi tutto: che è finita la festa; o che

è finito i l partito.

Dall'altra parte, appena placato i l pianto rituale, è iniziata la grande opera-

zione «morte di Lenin», di dissociazione di ogni possibile o prevedibile o temibile

sviluppo futuro dalla santità e perfezione del maoismo

vero.

Come se la esistenza

di «due linee» cioè di una dialettica, di scontri e tensioni e possibilità di alterna-

tive -potesse poggiare sulla consapevolezza di questa esistenza nella testa di un uo-

mo.

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