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sica, ma fu anchepretestuosamente contrapposto allo spirito critico dell'illumini-

smo, di cui esso in realtà faceva valere le istanze. La liquidazione della dialettica

idealistica emarxistica da parte del positivismo—come ha dimostrato anche Ha-

bermas, peraltro in un'ottica nonmarxista (4) — è una faccenda che ci condizio-

nada vicino. Essa ha infatti significato non solo la rimozione della problematica

kantiana (e in generale classico-borghese) di «fondare» le scienze della natura a

partire da una riflessione trascendentale, ma anche la rimozione della problemati-

camarxiana di «criticare», insieme all'economia politica, l'uso capitalistico delle

macchine. Si capisce allora che, nel mondo culturale influenzato dal pensiero

anglosassone, il nucleo profondo della teoria marxiana non sia mai stato inteso

fino in fondo. Esso infatti sembraconsistere nella

esposizione

del mondo inverti-

to, non come ipotesi soggettiva ometodologica, ma comecostruzione di una irra-

zionalità sostanziale della storia moderna. A chi, tutto sommato, nutre della

scienza una concezione positivistica (scienza comemetodo, concetto come

flatus

vocis),

i l livello dialettico della teoria marxiana finirà sempre con l'apparire «il

progetto di una soggettività utopica» (5). Tale teoria è infatti assai più compro-

messa, sul piano ontologico, che qualsiasi visione del mondo e qualsiasi metafisi-

cadella vita: essa è — nientemeno — che giudizio sulla scienza a partire dalla

esposizione di un mondo e dalla ricostruzione del contesto di vita

(Lebenszusam-

menhang).

La sconfitta del pensiero dialettico ad opera dell'empirismo e del positivismo

trova spiegazione, sul piano della dinamica sociale, nella distruzione della ragione

da parte dell'imperialismo. Ogni forma individuale e sentimentale di protesta,

nonriuscendo a dedurre le cause sociali della disumanità produttiva, sembrava

caderenell'esaltazione irrazionale — o regressiva— della natura, della vita, della

coscienzaprivata. Ma, in fondo, molte correnti dell'irrazionalismo borghese tar-

do-capitalisticoassumevano poi le stesse funzioni assolte, nel periodo liberale,

dalla filosofia razionalistica ed empiristica: quelle di far accettare l'ordine esisten-

te (6). L'offuscamento del pensiero dialettico classico — per quanto concerne

l'ingenuità e l'immediatezza con cui, da Goethe e Humboldt fino al giovane

Marx, si cercò d'inserire il discorso scientifico nel più vasto quadro della forma-

zione culturale — non fu dunque una deviazione casuale del pensiero filosofico.

Si trattava piuttosto del grandioso fallimento della rivoluzione borghese, e del ti-

po di emancipazione. (meramente politica e non sociale) ch'essa faceva valere.

Non si può riflettere, a mio avviso, sul rapporto odierno tra intelletto scienti-

ficoe ragione politica, se non si parte da questa crisi storica della cultura borghe-

se. La fede nell'uso immediatamente emancipativo della scienza e della tecnologia

corrispondeva alla fede delle classi in ascesa di poter creare e ordinare un mondo

piùumano e più giusto. Sia nel

Faust

che nel

WilhelmMeister

assistiamo ad ope-

regrandiose di bonifica (7). L'eco estrema di questo atteggiamento sta ancora

nellaesaltazione ingenua della tecnologia e della elettrificazione da parte di politi-

ci come Lenin o di registi come Vertov. La rivoluzione d'Ottobre recuperava in-

(4) J. Habermas,

Conoscenza

e

interesse,

trad. it. Laterza, Bari 1970.

(5) L. Colletti,

Intervista politico-filosofica,

Laterza, Bari 1974, p. 102. Cfr. A. Vigorelli,

Filosofia come scienza:

Galvano della Volpe e l'autocritica dello storicismomarxista, in «Aut-aut», 142-143, 1974, pp. 97-129.

(6) M. Horkheimer, «A proposito della controversia sul razionalismo» (1934), in

Teoria critica,

Einaudi, Torino

1974, vol. I , pp. 118-172.

(7) Ma il giovane Hegel, che non aveva ancora chiuso le aporie dentro al sistema, già nutriva presagi sulla natura

reale, e sugli imminenti pericoli, della

ratio

borghese. Tali presagi erano di natura politica e non teologica, co-

me invece si lusingherà di credere la storiografia filosofica borghese. Si veda, per esempio, la sua polemica

contro la riflessione astratta di tipo kantiano e fichtiano: «Quanto più saldo e splendido è l'edificio dell'intellet-

to, tanto più inquieto diventa il tentativo della vita, che vi

sta

rinchiusa come parte, di uscire da esso e di per-

venire alla libertà» (Differenz des Fichteschen und SchellingschenSystems der Philosophie, 1801, in Werke in

zwanzigMinden, I l ,

Frankfurt/M..1970, p. 20).