

dente. In diversi passi dei
Grundrisse si
è abbastanza espliciti sul nesso tra la divi-
sionedel lavoro finalizzata alla produttività e la scienza come forza collettiva del
capitale; sul fatto che è il capitale fisso, che oggettivizza il pensiero scientifico e
neè la sintesi; sulla collocazione storica nella fase della grande industria dell'im-
piego di potenziale scientifico ecosì via.
La differenza tra Marx edEngelssu quello, che al momento ci interessa, non
èquindi da poco e non puòessere ribaltata con argomenti del tipo: Marx leggeva
tutto quello che scrivevaEngels e seavesse avuto delle critiche da fare ne trove-
remmo traccia. Su certe questioni, Marx può anche non aver voluto spingere a
fondo il pedale, non tanto per motivi di divisione del lavoro — né l'amava, né
certo praticava lo specialismo — quanto perché a metà dell'800 il rapporto scien-
za-tecnologia-capitale non era né stabile né maturo. Ma è importante vedere oggi
la differenza in una situazione, in cui altre «vaticinazioni» marxiane si sono rive-
late ben fondate. Timpanaro, sul n. 39 dei «Quaderni Piacentini», convinto della
concordanzaMarx-Engels, arriva a travisare la differenza sostanziale del loro giu-
dizio su Darwin. Per Marx, Darwin è condotto dalla società inglese, in cui vige la
lotta per l'esistenza, a scoprire nella lotta per la sopravvivenza la legge fonda-
mentale della vita animale e vegetale. Per lui il darwinismo naturale è solo una
forma di retroazione ideologica per arrivare ad oggettivare le regole sociali nel
darwinismo sociale. Per Engels, è proprio invece l'induzione dal livello sociale a
quello della legge naturale che rende problematica la stessa teoria di Darwin. Non
solo il darwinismo sociale è infondato perché chiaramente strumentale a conser-
vareeternamente le leggi della civiltà borghese, ma anche la teoria di Darwin non
sarebbescienza, perché socialmente condizionata. Questa diversità, lungi dal
rappresentare — come crede Timpanaro — una maggiore critica da parte di En-
gels alla scienza del suo tempo, dimostra invece l'opposizione di due diverse con-
cezioni della scienza. Mentre per Marx la scienza è tale perché è socialmente con-
dizonata e suo compito rimane allora quello di individuarne i noccioli terreni e la
funzione, per Engels ciò che è socialmente condizionato non puòesserescienza e
suocompito è scoprire le verescienze.
La discussione sul marxismo e le scienze non si può limitare però a Marx,
Engels e Lenin, perché sicuramente un altro grande come Mao Tse-tung contiene
rispostealmeno potenziali degne di nota, a causa soprattutto della loro profondi-
tàsociale. Del resto, per Mao — come per Lenin — non avrebbe neppuresenso
discutere le concezioni ideologiche e filosofiche in astratto, riferendosi essenzial-
mente alla proposta teorica; anzi, interessa soprattutto capire di quale esperienza
storica di massa è sintesi — sotto questoaspetto particolare — la stessa formula-
zionemaoista del materialismo dialettico. Perciò si coglie interamente il significa-
to della teoria di Mao delle contraddizioni o della prassi, solosesi guarda al con-
tenuto rivoluzionario delle scelte della linea di massa, dell'articolazione penna;
nente dello scontro di classe, della rivoluzione culturale (e, purtroppo, molto si
può capire in negativo dal «dopo Mao», dal contenuto delle critiche che hanno
travolto il «gruppo dei quattro», dal vedere riproposta la necessità di aumentare
la produzione, anchese resta fermo che lo scopoè fare la rivoluzione).
Il nocciolo fondamentale di novità della linea di Mao, rispetto a tutto il pas-
sato della seconda e della terza internazionale, sta soprattutto nell'avere saputo
indicare per la prima volta una articolazione coerente nella prassi del primato del-
la politica, che in Marx era stato il cardine teorico del ribaltamento operato sulla
economiaapologetica borghese. Anziché subire le necessità imposte dal grado di
sviluppo delle forze produttive, per Mao «è l'uomo che fa le cose»: e le fa, per-
chémette al primo posto la realizzazione collettiva dei propri bisogni e nella dia-
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