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massaenorme di energia distruttiva con interventi opportuni è una utopia, se ci

riferiamo all'assetto scientifico capitalistico, ma questa utopia sta sicuramente tra

leesigenzedellemasse. Basta avere fede nel progresso scientifico, basta stanziare

qualchemiliardo in più per la ricerca? Crediamo di no. Bisogna invece cambiare

politica, mutare i paradigmi scientifici, operare quella rottura della costellazione

scienzasenza la quale certi problemi seguiteranno a presentarsi come impossibili.

I movimenti della crosta terrestre, i fenomeni metereologici (che sono alla radice

delle inondazioni) sonopressoché imprevedibili perché prigionieri di un paradig-

ma, che li vuole ricostruiti subase localemettendo insieme tanti piccoli tasselli da

armonizzare col computer. Con questa tecnica al più si possono fare delle previ-

sioni statistiche, non avere del fenomeno quella visione complessivanecessaria

per costruire una teoria affidabile. Questa esigenza di un punto di vista nuovo e

globale non può realizzarsi senzascassare alla radice le scienze capitalistiche, che

sonocostruite inveceessenzialmente in molti campi copiando il modello della fisi-

cadel mondomicroscopico. Questa ultima, che è un po' la scienza per antono-

masia, riceve in proporzione i fondi maggiori ed esporta negli altri settori il para-

digmacentrale dellescienzecapitalistiche d'oggi: tanti dati sperimentali (in genere

numerici), tenuti insieme da un modello teorico-matematico ed analizzati da un

computer. I l mondo naturale ricostruito dal moto del punto materiale come ai

tempi di Newton, solo che oggi i punti sono tanti e quella teoria è stata riaggiu-

statasotto molti aspetti.

Riassumendo, da una parte vediamoesigenze sociali disattese, dall'altra una

scienzacapitalistica inefficace (anchese si pretende efficiente), che non basta svi-

luppare, ma che va cambiata alla radice. Naturalmente il mondo scientifico acca-

demicoammette di non saper dare al momentomolte risposte sul settore terremo-

ti ed inondazioni, ma pretende di trovarle domani semplicementeprogredendo li-

nearmente sulle strade battute, facendosi scudo di richieste finanziarie e prose-

guendo nei soliti giochi di potere e di prestigio. Quello che ci pare assurdo è

aspettarsi la soluzione di certi bisogni primari mantenendoquesto quadro scienti-

fico proprio quando si rivela incapace di risposte reali, e solo adatto a recitare fi-

lastrocchesu«domani la scienza risolverà».

Il dramma della diossina di Seveso, l'arsenico di Manfredonia, il fosgene di

Marghera, e potremmoproseguire con un elencoche nel 1976 si è fatto lunghissi-

moe più drammatico del solito, confermano la diagnosi appena fatta e l'urgenza

di una soluzione. Le scienze, che normalmente garantiscono l'efficienza di tecno-

logiescandite sulla produttività emantengono ad un livello, che capitalisticamen-

tepotremmo definire fisiologico, i guasti prodotti dalla organizzazione del lavo-

ro, durante la presente crisi sono totalmente incapaci di bloccare od almeno tam-

ponare i livelli patologici, che assume la nocività, fino a debordare dalle fabbri-

cheed a investire l'ambiente sociale circostante. La differenza tra l'OdL dell'Ital-

sider di Taranto, che ha una nocività di una diecina di cadaveri operai all'anno, e

quella dell'ICMESA, che ha prodotto forse un morto, straziato la pelle (e quindi

la vita) di alcuni bambini, intaccato la salute genetica dei feti di molte future

madri, sta nel millantato credito, che rivelano apertamente le scienze in questose-

condocaso e nel tipo di rapporto fabbrica-socialeche ivi si è svelato. Perchésesi

critica l'OdL capitalistica alla luce degli effetti sugli operai, stresspsicofisici, re-

spirazioni di sostanze nocive, cancri vari, c'è sempre chi si sente autorizzato a

distinguere il livello fisiologico — scotto da pagare al progresso— da quello pa-

tologico, che si eviterebbe con l'uso delle scienze: controllare una valvola qui,

mettere un aspiratore là, automatizzare certe lavorazioni e così via. Questi inter-

venti si possonosempre fare e se non vengono fatti è perché richiedono investi-

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