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9. Le scienze ed il movimento reale

L'analisi precedentechiarisce solo i termini del dibattito generale, ma esso ri-

marrà distorto o limitato al regno delle possibilità, se non si saprà confrontare

con il movimento reale. Ogni analisi storica trova la sua validità in quanto verifi-

cadelle possibilità che si aprono oggi, ed ogni progetto sulle, scienzesi rivela ben

fondato in quanto parte di una politica non solo scientifica, ma anche di classe.

Ma se, come abbiamo visto, la trasformazione scientifica è resa coerente con la

trasformazione sociale in atto (al punto che, quando ciò non capita, nascono

guai e la prima si allinea alla seconda) e suquestabase l'una «spiega» l'altra e vi-

ceversa, essendo tutte e due progettabili, allora i programmi vanno misurati in

basealle scelte reali che si danno ed alle forze sociali chesonopresenti all'interno

del nostromomento storico. I problemi, che allora si aprono, sono: quali sono le

contraddizioni interne alla costellazione scientifica polarizzabili in senso di classe

e a quale livello si manifestano; quali sono le motivazioni che spingono gli ope-

rai, le donne, gli studenti, i disoccupati, a rompere anche l'assetto scientifico pre-

sente; come saldare le contraddizioni interne alle scienze con i bisogni di classe

esterni e come realizzare un processo, che coaguli un sapere di massa.

L'anno passato ha portato alla ribalta molti avvenimenti, che implicano co-

medato essenziale le scienze. Tra i fatti di inquinamento e di catastrofe, che han-

nopercorso l'Italia, letteralmente da cima a fondo, quelli che sicuramente hanno

colpito di più sono stati l'avvelenamento da diossina a Sevesoed il terremoto del

Friuli. Essi sono i prototipi di due filoni, che chiariscono al di là di ogni dubbio

le insufficienze ed il millantato credito delle scienze capitalistiche. Chiariscono

anche— cosa determinante per la nostra impostazione — come su questi aspetti

della costellazione scientifica siano in grado di risuonare ben altri che gli specia-

listi, purtroppo per motivi tragici. Dal primo filone si ricava un giudizio sul nesso

tra scienza, organizzazione del lavoro, nocività in fabbrica e nel territorio, salute,

che i fatti successi dimostrano una volta di più essere inscindibile e peculiarmente

legato al quadro sociale, in cui è collocato. Dal secondo si deriva una condanna

sul tipo di* impatto, che la società capitalistica ha sull'ambiente «naturale» sia

perché certi problemi non vengono posti o posti in ritardo sia perché il

controllo

del fenomeno catastrofico vienespessoed implicitamente considerato impossibile.

I terremoti, le inondazioni, le valanghe vanno considerate sì diverse dalla

costruzione di una città e di una fabbrica, ma non «naturali» nel sensoche il do-

minio della societàsu di esseèpressoché nullo. Piuttosto la presunta «naturalità»

di certe catastrofi è la copertura ideologica della incapacità delle scienze capitali-

stiche di dare risposte certe o di fornire teorie affidabili. Quali sono infatti le so-

luzioni che ci vengono offerte oggi? Le uniche soluzioni reali di breve periodo so-

noper i terremoti la costruzione di caseantisismiche ed il disegno di mappe, che

riportino il rischio sismico ricavato su base statistica; per le inondazioni, il rim-

boschimento, l'assestamento del fondo e degli argini dei corsi d'acqua e cose di

questo tipo. E chiaro che una volta verificatasi la catastrofe i primi interventi og-

gi in Italia non potrebbero cheessere di tal fatta ed ogni ritardo rende il governo

ed il regime di potere responsabili di strage colposa. Ma il limitarsi ad

usare

il

poco di conoscenza scientifica offerta oggi è altresì insufficiente e riduttivo, per-

chénon risolve il problema alla radice. Non esistonogaranzie, che assicurino l'in-

distruttibilità di una casa sotto terremoti di magnitudo molto elevata o statistiche

che forniscano previsioni attendibili. Se non si toccano quindi i meccanismi della

politica scientifica non resta che la fatalità e la speranza. Controllare i terremoti,

saperequando si verificano, impedire che si liberi dalla crosta terrestre quella

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