

dell'organizzazione sociale e la mette al sicuro sotto il crisma di una razionalità
univoca e necessaria, anche la ristrutturazione — divenuta inevitabile — deve
compiersi entro i limiti di quellastessanecessità.
L'oggettività del modo di produzione capitalistico andava garantita con l'i-
deologia della neutralità scientifica, che permetteva di far passare come leggi di
natura astoriche e aclassiste ciò che invece era socialmente determinato e quindi
passibile di mutamento. Ora, quando quel progresso scientifico si rivela incapace
di mantenere le promesse e rimane nudo, si deve rivestire da garante della ristrut-
turazione. Finché funziona il meccanismo di accumulazione dei profitti, «le leggi
della natura» lo devonopresentare come oggettivo. Quando il meccanismo si in-
ceppa, diventa impossibile e insostenibile, perché controproducente, seguitare a
difendere l'insostituibilità di quel processo di accumulazione. Bisogna quindi ga-
rantire l'unicità e la bontà di una ristrutturazione senza aggettivi.
Sedurante la crisi tutti indistintamente chiedono cambiamenti a gran voce,
proletari e borghesi, DC e PCI, disoccupati e femministe, perché sui bisogni ma-
teriali da una parte e sulla diminuzione dei profitti dall'altra si crea una pressione
unanime per il cambiamento, allora l'ideologia dominante deve garantire che c'è
unsolomodo di uscirne. Tutto il resto è o utopia di sognatori, o estremismo di
scontenti ed emarginati, o negazione irrazionale della società civile. Viene ribalta-
ta a livello culturale — e su quello, che nella società dopo la seconda rivoluzione
industriale è il livello culturale principale, cioè quello scientifico— la vecchia fola
chese la borghesia perde il timone, la barca affonda, perchéessa è l'unica a sa-
peregovernare la nave nella tempesta per ritrovare la rotta. Anche se in passato
leclassi dominanti hanno dimostrato di saper prevedere e costruire il proprio fu-
turo conqualche risultato, la razionalità degli strumenti, con cui ciò è ottenuto, è
tutt'altro che ovvia e questo per una serie di motivi. Essi vanno dall'incapacità di
mutare la organizzazione del lavoro senza distruggere altra ricchezza sociale
perché la ristrutturazione, presentata come recupero di capacità produttiva, non è
altro che una politica di aumento della produttività basata sul licenziamento e il
taglio dei tempi — alla impotenza assoluta nei noti casi di nocività di fabbrica e
di inquinamento ambientale (Seveso, IPCA, Manfredonia, Priolo, Cavtat, Porto
Marghera...).
La pretesa chiarezza e lucidità di un progresso sicuro, all'insegna dello svi-
luppo scientifico a tutti i livelli, si trasforma allora in confusione e balbettamenti.
Gli scienziati, .che ieri garantivano la soluzione migliore e più efficace, oggi su
moltequestioni (dai terremoti alla diossina, dal tasso di inquinamento dei cibi al-
le inondazioni e alla meteorologia) sono in grado di presentare solo posizioni op-
poste, poco chiare e con basso grado di affidabilità. In questo quadro, ribadire
l'opposizione «progresso o catastrofe» manifesta solo l'incapacità di vedere la
trasformazione, nella crisi attuale, dell'assetto scientifico in assettoscientista. In-
capacità, che si trasforma allora in quella di ignorare gli stretti legami, che uni-
scono l'aspetto mistico-rituale delle scienze con quello garante di soluzioni fun-
zionanti. Se si vuole, in termini più astratti, le scienzemostrano le due faccie di
unamoneta: una pragmatica (le macchine producono merci) e una ideologica
(falsacoscienza: l'unico modo di produrre è questo). La moneta, che gira con la
storia, fa apparire — a secondadella divisione del lavoro — ora l'una, ora l'altra
faccia. Essepossonosembrarediversese si accettanocome dati i ruoli sociali e le
specializzazioni culturali, ma la crisi spezza la moneta e le due faccie si mescola-
no. Così gli umori irrazionalistici si confondono con gli aspetti più scientifici. Si
pensi alla funzione del medico nella sciagurata legge, che regolamenta l'aborto:
un po' confessore e consigliere spirituale, un po' igienista efficiente. Si pensi al-
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