

negli istituti di ricerca, perché lì avviene l'elaborazione e il travaso di un sapere,
chesi pretende separato dalla lotta di classe, mentre li stanno contraddizioni ben
più profonde e più chiaramente segnate dallo scontro di classe, rispetto a quelle
vissute da Colletti e Paolo Rossi. Nelle fabbriche, perché oggi non c'è progetto
scientifico capitalistico, che possa reggere molto, se non si salda coerentemente
conun progetto sull'organizzazione della produzione e della società.
Purtroppo lo scollamento tra l'attuale piano dello scontro e i soggetti politici
principali è tanto più preoccupante, quanto più il problema potrebbe avere una
realebase di massa. Sia l'incapacità dell'establishment scientifico di dare risposte
credibili sui terremoti, sulla diossina, sugli innumerevoli casi di inquinamento am-
bientale e di fabbrica; sia la crisi culturale e funzionale delle istituzioni scolasti-
che, dovrebbero aprire spazi enormi per un intervento da sinistra. Se questo al
momentonon sta avvenendo, è perché la sinistra storica del movimento operaio o
nonvuole o sconta errori strategici di fondo, che la paralizzano, mentre la nuova
sinistra o non può o sconta la sottovalutazione di questo piano.
2. Ruolo capitalistico nella crisi
Nel periodo di crisi, che stiamo attraversando, il progetto capitalistico sul-
l'assetto scientificogenerale nei suoi vari aspetti, svolge un ruolo assai importan-
te. Questo ruolo ha due faccie indissolubilmente legate: una conservatrice, una
progressista. Nel momento in cui la casa brucia, e quindi la necessità di cambiar
casanon è un lusso di pochi intellettuali, che hanno capito tutto, diventa ideolo-
gicamente utile avere uno strumento, che fabbrichi ostruzioni al mutamento radi-
cale. Fuori piove, il camion per il trasloco non è ancora arrivato e così via. L'or-
ganizzazione della produzione e della società viene detta scientifica per garantire
chec'è un unicomodo di produrre merci, che certomodo autoritario e centraliz-
zato di organizzare l'assistenza sanitaria è l'unico razionale, che se si vuole la
corrente elettrica per far funzionare gli elettrodomestici allora le centrali nucleari
sono inevitabili e così via. Saltare da una finestra per sfuggire al fuoco diventa
unsalto nel buio. Se la demarcazione principale sta tra razionalità scientifica e ir-
razionalità confusa e vitalistica, negare (o meglio, limitare storicamente) la prima,
significaautomaticamente cadere nella seconda. Così, le richieste operaie sulla ri-
duzione dell'orario di lavoro e sulla difesa della scala mobile sono richieste che
implicano la barbarie e la fine della democrazia, perché non vanno d'accordo con
le leggi capitalistiche dell'economia politica e della produzione.
Qualemigliore dimostrazione della necessità che la classe operaia e tutto il
proletariato devono fare sacrifici si può ricavare, se non dall'affermazione peren-
toria che la bilancia dei pagamenti obbedirebbe a una legge ferrea? Quale miglio-
re artificio retorico e stratagemma linguistico di quello di chiamare scientifico, ra-
zionale e realistico tutto ciò che è compatibile con l'assetto statuale e produttivo
capitalistico e di bollare come non scientifico, irrazionale e utopistico ogni movi-
mento, che a partire da un'analisi dei bisogni della classemette in discussione
proprio quelle compatibilità?
Nello stesso tempo, la crisi forza però a intervenire in qualche modo sul
meccanismosociale e produttivo, proprio perché il vecchioassetto non riesce più
a funzionare; alla scienzacompete perciò anche il secondo ruolo — quello «pro-
gressista» — che si intreccia con il primo, perché deve garantire che vi sia muta-
mento, ma che non saltino i rapporti di classee permanga il dominio del capitale.
Se il ricatto conservatore della catastrofemaschera a livello ideologico la storicità
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