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di capire come funziona ciò che ora ha nome di scienza e che ci interessa in

quanto categoria determinata nella società capitalistica avanzata — e quale ne sia

lagenesi storica, bisogna evitare di partire col piede sbagliato, usando categorie

che la tradizione filosofica e linguistica ci ha consegnatocome astoriche ed intoc-

cate dal contestosociale. Se non altro, si risparmia fatica e non si corre il rischio

checi manchi il fiato al momento buono.

Per chiarire ciò che intendiamo, vogliamo accennare ad alcuni esempi tratti

dal dibattito recente.

In

Critica

e

crescita della conoscenza

a cura di ! . Lakatos e A. Musgrave, il

problema è come avviene «il progresso della scienza». I l dibattito si svolge sull'e-

sistenza o meno di un criterio metastorico, che garantisca tale progresso e se ab-

biano più senso a tale riguardo le «ricostruzioni razionali» dello sviluppo scienti-

fico, oppure le influenze psicologiche e sociali sullo stesso. Sono citati alcuni

esempi storici reali, non molti e sempre come appoggio strumentale ad una tesi,

maperché si è sentita la necessità di tradurre in italiano questo volume (uscito a

cura di G. Giorello), e non invece le analisi storiche, su cui essosi basa?

Il volume VI I della Storia del pensiero filosofico e scientifico di L. Geymo-

nat contiene ben allineati alcuni settori delle scienze del '900 (logica, biologia,

strutturalismo...); parla di Althusser, Bachelard, Popper; tratta della filosofia e

della storia della scienza nei paesi di lingua inglese, del rapporto tra scienza e fi-

losofia in URSS e naturalmente dei filosofi italiani contemporanei. Qui, la preoc-

cupazione centrale sembraessere il recupero dell'unità della scienza, ritrovando

una funzione alla filosofia. Come convincere gli scienziati più disparati, che vivo-

nonei contesti socio-politici più diversi, che sono partecipi di una superiore ra-

zionalità? Ma con la filosofia, che indaga sulle scienze e che convince le scienze

chenon possono fare a meno della filosofia! Purché naturalmente si usi quella

adatta (Engels ci scampi da quelle irrazionaliste), che sarebbe, come oramai si ri-

petesempre più ritualmente, il materialismo dialettico. Una volta esso era attua-

le, ora rinasce; che non ci si accorga un giorno o l'altro che il tempopassaanche

per lui? Diffidiamo di tutto ciò che come l'araba fenice si riproduce intatto dalle

proprie ceneri.

Anche libri come

L'ape

e

l'architetto

di Ciccotti, Cini e compagni romani, o

Marxismo

e

scienze naturali

di A. Baracca e A. Rossi, pur sostenendo la tesi di

unascienza socialmente e storicamente determinata, relegano le analisi storiche

specifiche l'uno in un solosaggio, l'altro nelle ultime trenta pagine. Una tesi deri-

vata da alcuni luoghi marxiani e che ha i suoi momenti migliori nell'analisi della

attuale fase capitalistica, finisce per assumerecome referente principale il filosofo

marxista. Sikdimenticano le preoccupazioni di Marx intorno alla (tanto adopera-

ta) Introduzione del '57, consistenti nel non fare apparire il metodo come prece-

dente all'analisi del capitale.

Su«Rinascita», da Cacciari a Fantini, la questione centrale è la razionalità

scientifica o la sua negazione. I timidi accenni di qualcuno alla necessità di uno

spessorestorico-sociale, si sono rivelati al momento abbastanza rituali: la produ-

zione storiografica di E. Bellone rappresenta piuttosto un'eccezione, che la nor-

ma.

Se il «dibattito sulla scienza» rimane suquesto piano del metodo e dell'acca-

demia, muore e non va avanti, perché non trova un terreno reale di verifica. Si

tratta di imparare innanzi tutto a privilegiare della parafrasi (di Lakatos su Kant)

il corno che la filosofia della scienzasenza la storia della scienza è vuota, rispetto

all'altro che la storia senza la filosofia è cieca. Ma poi in definitiva questo dibat-

tito deve riuscire ad arrivare fino nella scuola e nella produzione. Nella scuola e

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