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lotte vanno compresi tanto gli aspetti positivi quanto i limiti (nel quadrodel discorso

chestiamo svolgendo).

Intanto, tra i molti aspetti positivi è giusto sottolineare come battaglie iniziate a

livello minoritario (si pensi alla denuncia di Calabresi da parte di Lotta Continua, o

all'opera preziosa del libro

La strage di stato,

oppure alla solitaria campagna di

Loris Fortuna edei radicali sul divorzio) hanno coinvolto non solo le forze storiche

del movimento operaio, ma nuovi strati di popolazione, favorendo una generale

spinta a sinistra nel paese. Sui limiti di atteggiamento, di giudizio, di gestione delle

forze storiche molto si è detto ed è inutile ripeterlo. Per quanto riguarda l'atteggia-

mento della N.S. non ci sembra superflua qualche osservazione.

Sulla campagna contro la strage di stato e la strategia della tensione in genere:

con l'esplicitarsi del suo carattere prolungato equasi permanente, questa battaglia,

forte e vittoriosa sul piano difensivo (scarcerazione di V alpreda ecc.), nonè riuscita

a trovare obiettivi offensivi adeguati. La mobilitazione antifascista non si è certo

affievolita, si è anzi estesa, ma semprecome risposta all'avversario, mai in funzione

di vero attacco.

Émancata cioè l'organizzazione permanente dell'antifascismo: con obiettivi

semprenuovi e con organismi di massa strutturati e organizzati. La mancanza—

salvo rari casi come a Savona—di organismi unitari di massa e di base sul terreno

dell'antifascismo, e la mancanza di un'azione energica per la loro costruzione, ha

permessoche il movimento rifluisse su un piano di coscienza, di acquisizione poli-

tica generale, terreno in cui non poteva che esplicarsi una egemonia riformista. La

proposta di mettere fuori legge il Msi è stata un'indicazione di notevole valore: ma,

nonpartendo da una articolazione eorganizzazione delmovimento antifascista (che

nemmeno la N.S. si è impegnata a costruire), non ha potuto nemmeno surrogarlo.

All'individuazione di un preciso obiettivo non è comunque corrisposto—e questo

spiega l'insufficiente presa sullabase riformista—una organizzazione unitaria (che

èqualcosa di più e di diverso dalla sommatoria di forze politiche e qualche orga-

nismodi base) capacedi espandersierendersi permanente. Lo stesso impoverimento

—e riduzione a livelli centrali edepisodici—di tutta l'azione di controinformazionee

propaganda alternativa, è frutto di tali limiti. Si può ipotizzare cheaccanto ad errori

di gestione, settarismi, burocratismo, il limitemaggiore sia stata l'esitazione aprose-

guiresuuna strada intravista eabbozzata, la costruzione cioè di organismi unitari di

lotta politica contro lo stato, e la riduzione degli obiettivi aduna richiesta di «svolta»

politica complessiva.

Anche il limite della battaglia sul divorzio, una volta vinta, è stato—per il

discorsoche ci interessa—il considerarlae utilizzarla solonel suoaspetto di vittoria

politica generale, di sconfitta del regime democristiano. Questo era certo l'aspetto

più importante, ma è rimasto l'unico: la vittoria suFanfani haoscuratoe, tutto som-

mato, chiusoundiscorsoche volevaesserepermanente, che voleva legare la modifi-

cazione di equilibri politici a modificazioni di vita quotidiana, di comportamento, di

morale, di libertà personale e collettiva.

L'egemonia siapure non totale del riformismo nella gestione della vittoria (con

il peso, per tutti, del timore e della pavidità in cui si è espressa) è stata contrastata

soloparzialmente. Si è riusciti a radicare nella coscienza popolare il significato più

profondo della lotta svolta. Ma non si è riusciti

praticamente

ad inserire l'obiettivo

(svanito con la sua conquista) in undiscorsopermanente capace di legare le modifi-

cazioni della società civile in una strategia di trasformazione dello stato.

Quelli insomma che erano terreni per nuove indicazioni strategiche si sono in

parte ridotti al loro significato politico generale: riaffermando, giustamente, la

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