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tanto in questo caso infatti il giudice può operare con relativa indipendenza, sia pure

all'interno di un assetto di classe dato.

In Italia questa situazione non sembra essersi mai verificata. Il tipo di studi giu-

ridici portato avanti per entrare in magistratura, la prevalenza assoluta del momento

logico-formale su quello della analisi dei contenuti nella costruzione delle decisioni,

la estrazione sociale della stragrande maggioranza dei giudici (piccola borghesia

meridionale) fanno infatti del giudice italiano un succube dell'esecutivo e degli appa-

rati di polizia dello stato, qualche volta anche contro la sua volontà. La incon-

sistenza culturale (qui si parla di cultura diversa da quella giuridica, chè di questa ve

neè assai più del necessario), l'isolamento che questa porta con sè (isolamento che la

nozione tradizionale del ruolo, diffusa a piene mani e ribadita in ogni occasione dai

detentori del potere, trasforma in valore supremo della funzione giudiziaria), la con-

cezione infine, tipica della piccola borghesia, di essere al di sopra delle parti ecc.:

sono tut t i elementi che rendono assai difficile ogni sia pur limitato tentativo di

resistenza a pressioni massicce dell'esecutivo e degli apparati amministrativi sopra

indicati, qualora questi decidano di gettare tutto il loro peso sulla bilancia, in vista di

determinate soluzioni processuali. E ciò soprattutto nella fase istruttoria (formal-

mente segreta).

La esaltazione della «indipendenza», senza che di questa si indichino i limiti ed

i pesanti condizionamenti anche in strutture formali che ne sembrano immuni, impe-

disce di vedere da dove essi in concreto vengano, anzi porta a vederli dove questi non

esistono od esistono in misura incomparabilmente minore. Nel settore che qui inte-

ressa, ad esempio, la destra giudiziaria per anni si è battuta contro le «interferenze»

dei giudici di Magistratura democratica in processi politici di rilievo, ma non ha mai

battuto ciglio quando interferenze pubbliche pesantissime vi sono state da parte di

vertici statali o di autorità di polizia (si pensi al comportamento del presidente della

Repubblica Segni che una diecina di anni fa ha ricevuto al Quirinale tre giudici del

tribunale di Roma per congratularsi con loro, come risposta ad uno sciopero contro

una pesante sentenza di condanna nei confronti di alcuni lavoratori edili emessa da

quei giudici). Si è verificata la strana situazione per cui un intervento di altri membri

del corpo giudiziario è stato considerato come la irruzione di una presenza estranea

nella vita della corporazione, laddove interventi di organizzazioni esterne al corpo

sono stati visti come naturali ed accettati come tali.

È la situazione qui descritta che fa delle enunciazioni «liberali» tradizional-

mente contenute nei programmi dei due gruppi di Magistratura indipendente e di

Terzo potere assai spesso niente più di uno schermo dietro al quale continuano a

compiersi senza controllo molte delle operazioni con le quali i detentori del potere

tradizionalmente tentano di recuperare consensi in momenti di crisi (provocazioni a

danno della sinistra, attentati ecc.). La tradizionale sudditanza dei vertici del giudi-

ziario rispetto all'esecutivo e la altrettanto tradizionale resistenza degli aderenti ai

due gruppi a rimettere in discussione realmente (e non in modo soltanto formale) i

poteri di costoro nell'ambito dello svolgimento delle concrete prassi giudiziarie,

costituiscono un ulteriore elemento di riduzione delle già abbastanza vuote formula-

zioni teoriche di tipo liberale classico da loro portate avanti. Se a ciò si aggiunge la

insofferenza che spesso appartenenti a questi due gruppi manifestano nei confronti

delle critiche della stampa vista come una fonte di turbamento in un mondo che

dovrebbe escludere, per essere perfetto, ogni intervento di non addetti ai lavori, sene

può concludere che la ideologia dei gruppi di destra e centro-destra della Associazio-

ne, al di là della stessa terminologia usata per esprimerla, si muove su linee decisa-

mente conservatrici. Una riprova è costituita dalla giurisprudenza di coloro che mili-

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