

Danilo Montaldi
PROLETARIATO E PARTITO COMUNI STA
NEGLI ANN I 1944-46
Una tragica fatalità ha troncato la vita di Danilo Montaldi, i suoi affetti, i l suo lavoro.
Ma ben pochi hanno vissuto e operato con altrettanta libertà e coerenza. Figlio di un anar-
chico, dopo una breve militanza nel PCI, ne esce, giovanissimo, già all'indomani della Libe-
razione, respinto dallo stalinismo e dal moderatismo imperanti. Con decisione analoga,
abbandona gl i studi liceali, questa fabbrica di conformisti. Diventa autodidatta, non per
necessità ma per scelta. Decisivi per la sua formazione sono i soggiorni in Francia, soprat-
tutto l'esperienza del gruppo «Socialisme ou Barbarie». Ma sarebbe troppo lungo elencare i
contatti e le influenze, —francesi, belghe, tedesche, americane, —che concorrono alla sua
maturazione. «Anche se fortissimo era in lui il senso—e talvolta l'attaccamento—alla gene-
razione perduta, dei militanti buttati ai margini dai processi involutivi del movimento ope-
raio, Montaldi aveva saputo trovare i l punto di sutura tra i superstiti, i sopravvissuti, e il
nuovo ciclo di lotte politiche degli anni '60» (Sergio Bologna, «Primo Maggio» n. 5). Ricor-
dare che ha anticipato di un decennio—nelle scelte politiche e nello stile di vita— la «nuova
sinistra» appare banale, tant'è evidente. Diversi che scrivono su questa rivista devono la loro
svolta politica all'incontro, sullafine degli anni '50, con Danilo (la sua persona, i suoi scritti,
il
suo lavoro politico, che hanno sempre costituito un'unità inscindibile, senza separazioni o
riserve). La funzione di Danilo è stata troppo importante perché si possa tentarne un esame
frettoloso. Mentre ci ripromettiamo di tornare sulla sua figura e la sua opera—dai fonda-
mentali
Autobiografie della leggera e Militanti politici di base
agli scritti sparsi- in un pros-
simo numero, ci sembra che il modo migliore di ricordarlo sia di pubblicare alcuni brani di
un libro che aveva ultimato da qualche tempo, non a caso respinto da un grosso editore «di
sinistra» (se le trattative in corso con un altro editore avessero analogo esito, i l libro
potrebbe uscire edito da noi: noi, comunque, saremmo ben lieti di assumercene l'impegno). I l
Saggio sulla politica comunista in Italia affronta i l rapporto classe-partito dal 1919 al 1970.
Sono circa 700 cartelle scritte in uno stile diretto, agli antipodi dei modelli storiografici, e
insieme basate su una documentazione rigorosissima. I l «punto di vista operaio» è presente,
si potrebbe dire, in ogni riga, in un modo che non ha nulla di forzato, di volontaristico, ma
che è la naturale, inevitabile conseguenza delle scelte umane e politiche di Danilo.
[...] Mentre al Sud si collabora con Badoglio, al Nord la stessa stampa PCI
destinata alla base ne precisa le responsabilità fasciste (1). Se nel Mezzogiorno il
PCI insiste che la questione istituzionale non deve dividere il popolo italiano, al
Nord, nella preparazione dello sciopero del marzo '44,
La fabbrica
deve pur uscire
con i titoli «Via il re, via Badoglio!» Se nell'Italia liberata trionfa la linea unitaria a
scapito della rivolta proletaria urbana e contadina, non sono bandiere nazionali che
vengono issate alla Magneti Marelli, alla Falck, alla Breda, alla Pirelli, alla Innocen-
ti, in Piazzale Loreto, in viale Lombardia, a Niguarda, alla Casa dello studente, il 21
gennaio 1945, nel XX I V anniversario della fondazione del PC dI, ma sono bandiere
rosse. Come è una bandiera rossa alla Pirelli, il 25 luglio 1944. Come era una ban-
diera rossa quella rinvenuta alla Fiat Grandi Motori il l ° maggio 1943.
-Al primo test importante del governo Bonomi (cui non partecipano socialisti e
azionisti), costituito dalla deliberazione dell'aumento del prezzo del pane, nel feb-