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La storia economica si è fermata al '49 ripetendo la traccia di una interpretazione di

Foa della ricostruzione e della deflazione einaudiana pubblicata sulla «Rivista di

storia contemporanea».

Ben diversamente funziona il sistema di valutazione spontaneo di massa. Uno

dei ricordi frustranti di chi c'era allora, almeno a quanto raccontano, è di essere

andati in giro a sostenere la motorizzazione di massa con il disegno di una vetturetta

che rassomigliava maledettamente a quella che poi sarebbe stata la 600, fatta certo

non per via di quel cartello, dato che Valletta la motorizzazione di massa l'aveva in

testa con chiarezza fin dal '46, come si può desumere dalla sua deposizione alla com-

missione parlamentare. A livello generale bisogna saper ripetere in maniera rigorosa

questo tipo di controllo.

Una delle richieste «serie» del piano, quella che certo non si può giudicare un

espediente, era la richiesta di 6-700.000 nuovi occupati in tre anni. I 6-700.000

nuovi occupati ci sono stati. Si chiedeva un ente nazionale dell'elettricità, e l 'ENEL è

venuto. Si chiedeva l'Ente per le bonifiche, l'irrigazione, la trasformazione fondiaria,

ed abbiamo avuto la Cassa del Mezzogiorno. Si chiedeva un Ente nazionale dell'edi-

lizia popolare, che è venuto. E non si sono certo costruite poche case in Ital ia in

questi anni, anzi in certi periodi (una parte degli anni '60) l'edilizia è stata un investi-

mento rifugio, sostitutivo dell'investimento nell'industria. Malgrado i l piano sia

stato abbandonato dopo sei mesi, e certo non si possano imputare le coincidenze

elencate alle lotte effettuate a sostegno della proposta di piano, l'Italia si è «sviluppa-

ta» di più e non di meno di quanto non fosse stato richiesto. Ma le contraddizioni

sono cresciute invece di diminuire; è stato prodotto il superfluo e non il necessario; ci

sono troppe case e poche per chi lavora o non può lavorare; non ci sono le scuole ma

ci sono le ville; la Cassa del Mezzogiorno è una greppia e l 'ENEL, se si sommano il

mancato uso produttivo dei fondi dei rimborsi e l'insuccesso dell'ente come produt-

tore di energia sufficiente e a basso prezzo, è forse il massimo scacco, dopo l'appa-

rente vittoria, della sinistra italiana. Per non parlare del resto dell'industria di stato.

Le sconfitte sono tutte a livello di classe e non di sistema. Sono nella distribuzione

del prodotto e nella qualità della produzione (il che cosa produrre), non nel tasso di

sviluppo. Sono problemi non aggregati ma particolari, per cui bisogna entrare nel

merito dei settori e delle loro dipendenze e disaggregare i settori. Bisogna dire che

questa ottica, centrata sui bisogni, nella relazione di Di Vittorio c'era; in quella di

Vianello (anche se a lui ovviamente i bisogni degli operai premono), se non ricordo

male, non c'è. Gl i obbiettivi di Di Vittorio erano 'tutti compatibili con lo sviluppo

capitalistico (e del resto erano fatti per esserlo; l'interesse della cosa stava proprio in

questo, per il bene e per il male), tanto è vero che sono stati, quantitativamente, tutti

superati. Solo che nel realizzarli, in maniera distorta, a vantaggio dei padroni e dei

ceti medi parassitari, si è realizzato «il capolavoro politico della DC)> (come ha detto

Salvati), e i l movimento operaio ha perduto.

Il secondo punto — l'arretratezza culturale degli economisti di governo — è

indubbiamente minore, ma non privo di importanza, perchè è diverso l'atteggia-

mento con cui si combatte contro l'avversario che non sa e quello con cui si com-

batte contro l'avversario che sa e non vuole. Credo che i l problema vada risolto

come ha fatto Salvati: le tesi degli Einaudi e dei Corbino possono essere riformulate

in termini teoricamente corretti e -restare ugualmente reazionarie. A me però la tesi

della «ignoranza» sembra, oltre che inutile, storicamente infondata. Mi sembra che

vada accettata la constatazione di Saraceno: Keynes era stato pubblicato venti anni

prima del piano, e loro, gli economisti di governo, sapevano leggere. E indubbia-

mente lo avranno anche fatto, dato che non erano in galera, come altri, e potevano

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