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tenersi culturalmente aggiornati e fare pratica di direzione delle aziende. Inoltre mi

convincono più della tesi di Foa, della insufficienza culturale di Einaudi, le argomen-

tazioni di De Cecco e Baffi, che mi sembrano sufficientemente precise (De Cecco

Saggi di politica monetaria, Mi lano '68; Baffi, Studi sulla moneta, Mi lano '65).

Certo Einaudi non è stato un grande economista teorico e va valutato piuttosto

come commentatore di fatt i economici, e come politico ed amministratore. Ma,

proprio perché aveva cominciato con lo scrivere delle vacche in Dogliani ed era

amministratore parsimonioso, sapeva senza dubbio che fa differenza disporre o no

dei torchi della zecca quando bisogna tirar fuori le lire. Se non ci faceva ricorso da

governatore, aveva i suoi motivi.

Un'ultima osservazione sul convegno va fatta a proposito della ricostruzione

delle lotte. È stata descritta con immutata vivacità da Di Paolantonio la lotta dei

braccianti della valle del Vomano per le centrali idroelettriche. E risultava chiaris-

sima la sconfitta dei braccianti sull'obbiettivo essenziale della lotta: l'occupazione.

Le centrali ci furono, i braccianti vennero licenziati appena finite le costruzioni (co-

me succederà di nuovo dopo qualche mese nella stessa vallata, quando chiuderà il can-

tiere del traforo del Gran Sasso, che ha dato ai notabili DC un centinaio di miliardi

da amministrare e ai braccianti poche centinaia di occupati per pochi anni e undici

morti). Anzi, come lotta per l'occupazione, le segreterie nazionali la mollarono addi-

rittura, come ha detto lo stesso Di Paolantonio («ma allora alle trattative non ven-

nero più Di Vittorio e Foa; ci mandarono il segretario della C.d.L. di Teramo») con il

pudore, il senso della misura e della disciplina dei comunisti di quegli anni, a cui tutti,

comunisti, ex-comunisti e non comunisti, dobbiamo sempre fare tanto di cappello.

Non è lecito, come ha scritto giustamente Foa sul «Manifesto», andare avanti a

raccontare la storia delle masse eternamente fregate dai dirigenti. Non è vero che lo

siano. Ma è lecito andare avanti ad attribuire agli obbiettivi fissati dai vertici

tutte

le

lotte avvenute nel periodo in cui, secondo le segreterie, quegli obbiettivi sono rimasti

validi, e poi cambiare attribuzione quando cambia i l programma ufficiale? Non

voglio certo spezzare una lancia a favore della tesi che invece le masse fanno proprio

quello che vogliono e i segretari non fanno altro che mettergli il cappello di obiettivi

che le masse poi, con l'astuzia della ragione, cioè del reale, piegano sempre ai loro

fini. Voglio solo dire che bisogna distinguere; che è possibile valutare l'operato di

una dirigenza proprio da come sa interpretare negli obbiettivi le richieste implicite ed

esplicite delle masse, o da come sa far seguire una strategia e articolarla in pratica.

Bisogna guardare caso per caso; vedere quante lotte si sono concluse con risultati

coerenti con la linea proposta e quante con risultati del tutto diversi. E che cosa dice-

vano gli operai nelle assemblee degli obbiettivi; e come hanno accolto i risultati. Un

sindacato può mettere al centro della propria linea l'organizzazione del lavoro e gli

investimenti e i l Mezzogiorno, ed ottenere solo soldi (se sufficienti o no qui non

importa) e un aumento del controllo operaio in fabbrica. Si possono attribuire tutte

le lotte del periodo alla linea del controllo operaio degli investimenti? Si può essere

perfettamente d'accordo sul controllo degli investimenti: ma se lo si vuole sul serio

bisogna cambiare marcia.

Secondo me, convegni come quello di Modena si fanno proprio, o almeno

anche, per tirare le somme, per fare la propria storia, per guardare a se stessi critica-

mente. Ecco: non mi pare che sia stato questo il taglio dell'intervento di Trentin, che

ha regalato agli operai italiani una tale partecipazione agli obbiettivi del piano che

non si capisce proprio come poi nel '55 la CGIL abbia perduto. So che esiste una dif-

fusa opinione secondo cui passa per sinistra descrivere i l mondo

come se

fosse di

sinistra, in particolare dare una coloritura di sinistra a quel che il sindacato o i partiti

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