

sa, le rivoluzioni sciolgono i parlamenti. In effetti io non credo che le rivoluzioni pro-
letarie siano tali perthè sciolgono i parlamenti ma perché costituiscono i consigli. Ed
ècomunque cosa diversa
non fare
le elezioni per la costituente, come i militari pote-
vano fare con la legittimità della forza, fondare nuove strutture economiche e sociali
epoi affidarsi alla dinamica e alla legittimazione delle forze sociali emerse dal nuovo
stato di cose e fare le elezioni, far votare gli operai e i contadini, vedere che votano a
sinistra,
malgrado tutto, e poi sciogliere i partiti perché non piacciono. Questo si
chiama repressione, non rivoluzione. Per ora i partiti non sono stati sciolti; e non
credo che si farebbero sciogliere. Il potere sta sulla canna del fucile, ma non solo. Le
categorie usate per descrivere i fatti portoghesi configurano una strategia e una tat-
tica in Italia che non si può condividere.Nessuno mi toglie dalla testa un titolo di LC
del 29 dicembre 1974: «Lo avete mai visto un generale stanco di comandare?»
Lotta Continua ha rappresentato più di altri gruppi l'adesione piena all'imme-
diatezza delle lotte. Si è caratterizzata per la flessibilità e l'aderenza alla realtà empi-
rica, la mancanza della tendenza teologizzante e bizantina che ha contraddistinto
tanta parte della sinistra eretica di questi anni. Per questo più di altri gruppi sem-
brava poter rappresentare i l nuovo di questi anni. In certo senso a legittimare e
caratterizzare i l gruppo era i l soggetto sociale di riferimento, la classe operaia.
Ma quando si passa dal difendere le posizioni degli operai che vogliono cento
lire l'ora di aumento, quali che siano le posizioni dei partiti e dei sindacati, a difen-
dere le posizioni di un gruppo di ufficiali contro i partiti e i sindacati, le cose cam-
biano un poco.
Il quadro istituzionale che questi ufficiali tracciano quando parlano è quello di
uno stato corporativo, che del resto è l'unico che conoscano; l'unica cosa ben chiara
nelle strutture di potere che propongono è che i militari devono continuare a coman-
dare. Anche un'agitazione realmente a base operaia in loro favore e contro tutti i
partiti sarebbe da prendere con le molle.
Quali sono i programmi, quali le legittimazioni di questo gruppo dirigente mili-
tare che vuole perpetuarsi? Nei commenti di LC l'unica cosa permanente è che i più
duri sono i più bravi, e che bisogna contare le teste il meno possibile. Questa non è
democrazia nè borghese, nè operaia, nè di nessun altro tipo. È uno strano misto di
anarchia e autoritarismo che serpeggia da sempre in LC, che era ancora ambiguo
quando veniva applicato alla gestione della lotta a Mirafiori e ha portato a un consi-
derevole disastro, per il gruppo e non per gli operai per fortuna; quando la si applica
ai generali diventa insopportabile. I l culto della forza propria è deteriore ma com-
prensibile; quello della forza altrui è una follia. LC ci sta andando vicino.
Francesco Ciafaloni
P.S. A l momento di andare in macchina apprendiamo i risultati elettorali.
Non ci sembra che l'analisi, che era stata scritta nell'ipotesi di una vittoria dei partiti
del movimento operaio, vada rivista perché invece di una discreta vittoria si tratta di
una grande vittoria. È il più grande spostamento elettorale della storia dell'Italia del
dopoguerra. Gli italiani che lavorano cominciano a presentare alla DC una parte del
conto aperto i l 18 aprile.
Non essendo automatiche le conseguenze politiche del voto non si può aggiun-
gere molto alla constatazione ovvia che ci saranno un buon numero di nuovi comuni
eprovince rossi, che c'è almeno una nuova regione rossa, che la posizione di tutte le
organizzazioni di massa del movimento operaio risultano rafforzate e le operazioni
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