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I.

suoi film più «commerciali» ha spiegato

(Rosemary's Baby)

all'America che l'irra-

zionale è in agguato, che le streghe e il diavolo esistono anche dietro le lucide appa-

renze della sua civiltà avanzata, e oggi

(Chinatown)

le dice che non c'è scampo

neanche per i suoi atteggiamenti di amarezza romantica e virilità bogartiana, ma

ancheche dietro il suo disordine apparente e il suocaos di oggi c'è un ordine che si

puòperlomeno comprendere. Gioca ancora con l'America e i suoi miti, ma ci sembra

stranamente conquistare una lucidità di giudizio chenonhamai avuto prima, edi cui

già si vergogna.

«Prima pagina» (Front Page) di Billy Wilder

Billy Wilder non è un giovane e non fa film da giovane. Se si rivolge a un testo

teatrale del '29, che in Italia si chiamò

Ultime notizie

epoi

Ultime di cronaca,

di Ben

Hecht eCharles MacArthur, ex-giornalisti poi sceneggiatori emeriti di Hollywood, e

ai due filmchene derivarono,

Front Page

di Milestone (1931), mai venuto in Italia, e

La signora del venerdì

di Howard Hawks (1940), non è per offrirne una

rilettura,

nonè per

rivisitare

criticamente la commedia americana, ma soltanto per

continuar-

la.

Così come un Cukor, o un Mankiewicz, o un Minnelli, non rileggono, quando gli

capita ancora di girare, un bel nulla, ma semplicemente continuano sestessi e rap-

presentano una generazione euna tradizione: quella hollywoodiana degli anni Tren-

ta, nei suoi sviluppi attuali e nelle sue contraddizioni. Non c'è distinzione tra lo stile

di

Prima pagina

e quello di

L'appartamento,

enoncen'è neanchemolta tra lo stile di

Prima pagina

equello di

La signora del venerdì

(Wilder fu sceneggiatore per Hawks,

anchese non di quel film: il loro modo di far commedia ha molto di simile, fatte le

opportune distinzioni tematiche).

La datazione di

Prima pagina

più omeno agli anni della commedia nonè però

casuale, nè dipendente soltanto dalla voga dei film sugli anni Trenta (una voga che

resta ancora da analizzare, nel suocomplessivo riconoscersi dell'America caciarona

di oggi nell'America casinara di quegli anni, saltando il conformisticoe reazionario

espansionismodei Quaranta e Cinquanta), anchesedi essa l'accorto commerciante

che è Wilder ha certo tenuto conto. Ci pare soprattutto dipendere da una sorta di

dichiarazione di fedeltà a se stesso e a quel cinema — avanzata spavaldamente

mentre il cinema di oggi, coi suoi zoome lesuepresunte libertà, rinuncia al rigore dei

metodi classici per proporre unmagma divagante che si vorrebbe più personale e in

realtà èspessosolo approssimazione e incoerenza. Rispetto a Milestone che, si dice,

usòun gran numero di campi-controcampi per movimentare la pièce, ea Hawks che,

ricordiamo, oltre a far diventare Hildy donnae la sua fidanzata maschio, cercava di

movimentare la piece grazie a trovatine che aprivano all'esterno, Wilder gioca il

gioco sino in fondo, cambia poco e introduce poco. Ma è un «poco» significativo.

Egli non ha bisogno di far diventare Hildy donna, perchè gli interessa anzi accen-

tuare l'aspetto latamente omosessuale, da «strana coppia», fornito dal duo Lem-

mon-Matthau come in

Non per soldi ma per denaro

—esi serve per contrappuntarlo

di un personaggio di giornalista la cui omosessualità è dichiarata e scoperta.

(Hawks, che le amicizie virili le ha semprepresemolto sul serio, ma solosul terreno

dell'avventura, aveva afferrato così bene la natura dei rapporti tra Hildy eBurns da

fare di Hildy decisamente una donna). Ci mette inoltre sotto gli occhi il patibolo che

si sta preparando per il povero Williams con la sua febbre da fieno, chesi trova nello

stesso cortile dove la prostituta Molly si getta per salvarlo. E introduce infine la

figura inedita dello psicanalista, che riprende quella lontana di

Quando la moglie

è

in

vacanza,

e che gli serve per le solite frecciate contro il concittadino Freud, o forse,

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