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dei suoi membri?» È questa un'ottica strana, un modo di vedere le cose che ci pare

troppo contemporaneo e anche riduttivo, semplicistico. Quel che il protagonista ha

di fronte in quegli anni è anche la difficoltà di un'altra via (chi l'ha tentata, come per'

esempio Nin in Spagna o Pivert in Francia, è stato fatto fuori dallo stalinismo

oppure risucchiato dalla logica borghese), mentre di fronte a Stalin ci sono il capita-

lismo di Keynes e Roosevelt e il nazifascismo. Ma il protagonista del

Sospetto

non si

pone il problema proprio perchè ritiene di non avere scelte alternative, nèè dotatodel

senno del poi, soprattutto perchè, da buon leninista, ha fatto suo l'elogio del partito

che tanti hanno scritto in quegli anni. Il suo problema è dunque schiettamenteporni-

co, non personale o «di realizzazione di sè», secondo la stramba e equivocissima teo-

ria della «gioia» che i neo-revisionisti Unto sembrano amare, fino a un vezzoso

neo-freak. La ragion di partito è (o dovrebbe essere, visto che il film non è chiaro sino

in fondo) semplicemente l'accettazione di una scelta politica determinata, in quegli

anni, in quel contesto, in quei luoghi, e non questione di fede e disciplina soltanto.

È difficile dire oggi, di tanti compagni che si conoscono, che scelta avrebbero

fatto loro, allora. E questo, in qualche modo, dimostra anche i limiti grandi del film,

politici,

perchè oggi il margine di scelte possibili senza restare un isolato o un vinto è,

in

questo

momento storico, piuttosto vasto; e perchè il PCI non pone affatto dilemmi

così drastici e tragici ai suoi militanti, accomodante com'è con la sua militanza fun-

zionariale o bonacciona (godono di proiezioni edipico-eroiche i giovani della FGCI

assistendo e riassistendo in massa a questo film, ma con qualcosa devono pur conso-

larsi, di fronte ai loro padri di adesso). Insomma, Maselli e Solinas finiscono comun-

que per fare anche loro l'elogio del partito sopra tutto, e per prepararsi a seguire

anche le direttive meno convinte a nome di questa «ragion di partito». Scavano in un

passato magari scomodo per la dirigenza attuale, ma cheè alla fin fine a sua maggior

gloria anche questo, perchè finisce per nobilitarla, non fosse che nel suo albero

genealogico, e per dire che, anche se i dirigenti sbaglieranno, il militante li seguirà,

perchè fuori del partito non c'è salvezza.

I l sospetto

resta così un film «storico» che

non è ancora il film che la Terza Internazionale potrebbe e dovrebbe ispirare a un

regista compagno, e in cui l'analisi dell'ieri e le scelte dell'oggi trovino una qualche

concordanza, o dissonanza esplicitata e meditata, e necessità reciproche. È un film

apparentemente critico verso lo stalinismo, di cui accetta la logica di fondo. Ma

soprattutto è un film che non ci riguarda, perchè la figura del militante che presenta,

per essere inattuale nel PC di oggi, non fa dì fatto che riproporre un modello sul

quale è stato discusso molto e molto resterà ancora da discutere (anche se non con-

cerne il PC di oggi), impostando però la discussione su un presupposto chiaro: cosa

significa, cosa dev'essere, e cosa potrà diventare domani la militanza rivoluzionaria.

Cioè, che modello di partito si cerca di costruire e di inventare.

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Goffredo Fofi