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lidate: il processo di ideologicizzazione si avvale sempre di materiale concreto, non

lavora di fantasia. Ma la trasmissione, la comunicazione e l'imposizione sociale del-

l'ideologia psicoanalitica si avvale ed è correlata a fenomeni strutturali.

Per l'argomento che ci interessa credo che vada anzitutto messo in rilievo che

in Ital ia i l processo di ideologicizzazione della psicoanalisi non si sia basato che

marginalmente sull'ambiente psicoanalitico «specialistico», che è restato, salvo

qualche isolata mania giornalistico-esibizionistica, abbastanza isolato, ma sul-

l'ambiente più genericamente definibile come «culturale» nell'ambito di un movi-

mento che grosso modo può essere definito come progressista, libertario, marxista o

para-marxista, insomma «di sinistra».

3. Elaborazione e divulgazione della psicoanalisi

Analizziamo anzitutto il livello di elaborazione e di divulgazione della psicoa-

nalisi. Abbiamo delle datazioni fondamentali. La storia che David ha scritto sulla

psicoanalisi nella cultura italiana ci mostra lo stratificarsi preistorico di questo feno-

meno. Ma proprio la storia di David ci indica come la psicoanalisi nel suo impatto

colla cultura italiana restasse una forma di esperienza di élite e come tale fosse

abbastanza al riparo da estensioni ideologiche. Che Svevo o Moravia si fossero inte-

ressati al la psicoanal isi e più o meno felicemente ne avessero introdotto degli ele-

menti nel proprio lavoro, questi fatt i restavano episodi isolati, curiosità che non

venivano percepite dal grosso pubblico sotto forma di valori ideologicizzanti specifi-

ci. Aldi là degli apporti estetici poi non sembravano invece esserci estensioni negli

altri ambiti culturali italiani.

Negli anni '60 i l panorama cambia: sono gl i anni che in correlazione col-

l'espansione economico-industriale e la diffusione massiccia della comunicazione di

massa si concretizza l'interesse per le cosiddette scienze «umane». É da qui, proba-

bilmente, nel recepire la psicoanalisi all'interno di tali scienze «umane», che si inizia

la sua introduzione in più vasti strati culturali. L'editoria si impadronisce dell'argo-

mento e incomincia, disordinatamente, dalle edizioni critiche alle traduzioni econo-

miche fatte da «traduttori di traduttori di Freud», a creare un mercato del libro psi-

coanalitico, correlato ai mercati analoghi nelle scienze umane e storico-sociali.

L'introduzione psicoanalitica nelle università e qualche volta nei licei avviene

come supporto di una pretesa liberalizzazione dei piani di studio, concretizzata nelle

mostruosità neo-baronali delle facoltà di sociologia e psicologia, dove sulla pelle

degli studenti si verificano le trasformazioni in sottoccupazione delle illusioni di

acquisire un nuovo ruolo sociale e professionale. La creazione di nuove cattedre,

incarichi e borse di studio nel generico ambito psico-sociologico universitario da un

lato e la pretesa e il vezzo di avere degli «psicologi» nelle strutture locali clientelari

(condannati a fare da alibi passivi al mantenimento più o meno mascherato dello sta-

tus quo nell'ambito scolastico ed assistenziale), rafforzano il supporto materiale per

l'introduzione anche di un sapere, all'incirca psicoanalitico, e creano le condizioni

adatte ad una sua ulteriore elaborazione ideologica e diffusione. Se ci aggiungiamo

qualche posto creato dall'industria per la selezione e per le ricerche motivazionali,

nonché l'inizio della proliferazione degli psicoterapeuti «selvaggi», completiamo un

quadro di sistemazione economico-sociale della dottrina psicoanalitica.

Paradossalmente il carattere chiuso e settario delle organizzazioni psicoanali-

tiche «ufficiali» rappresenta un minimo freno all'espansione indiscriminata di un

supposto sapere psicoanalitico: se le porte fossero state indiscriminatamente aperte

econ tre mesi di corso, magari per corrispondenza, tutti fossero diventati psicoana-

listi, oggi faremmo le processioni con le immagini sacre di Freud.

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