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Per i militanti in certe situazioni di lotta, infatti, la realtà stessa accentua le

necessità di riavvicinare vita «pubblica» e vita «privata», subordinando tutto alle

esigenze politiche. Si è tentati di pensare che in questo modo le emozioni, gli affetti,

le debolezze personali, le tempeste interpersonali, vengano duramente represse per

subordinarsi a un fine la cui razionalità è—apparentemente—assoluta. Ma viene da

chiedersi se una repressione di questo tipo sia veramente necessaria e veramente fun-

zioni.

I migliori militanti rivoluzionari escono spesso, e decisamente, da uno schema

tutto repressivo e disciplinare. Queste persone si presentano come vitali, passionali,

capaci di un legame emotivo profondissimo con gli amici, i compagni, gli altri mili-

tanti, le masse; esse sono dotate di una grossa carica di ottimismo e di amore per la

vita. La necessità di disciplina e di rigore, l'abitudine alla modestia e al sacrificio per-

sonale, la rinuncia agli agi e spesso agli antichi affetti, non solo non provocano un

inaridimento della affettività, ma sembrano esaltarla, e la spostano su di un piano di

rapporti interpersonali che è molto diverso da quello tradizionale, stretto nelle

pastoie dei circuiti amicali e familiari. Anche il rapporto con le esigenze del corpo e

con il piacere della immaginazione, si fa più semplice e diretto. La loro risposta alla

razionalità capitalista sembra essere non tanto una nuova razionalità ancora più

rigida, se pure diretta contro il sistema, ma la costruzione di una

nuova soggettività,

razionale ma appassionata, talora contraddittoria, però libera e vitale. Non è rea-

listico proporsi come possibile

oggi

una vera riconciliazione fra vita privata e vita

pubblica, o fra piacere e disciplina: ma in queste persone si scorge talora una chiara

indicazione sulla direzione in cui muoversi. Così, talora, da aspetti singoli e partico-

lari del panorama politico occidentale, come dalle lotte di massa di altri paesi, si

intravedono indicazioni e anticipazioni su quello che sarà l'uomo «ricco di bisogni»

del futuro. Spetterà alle generazioni a venire verificare la concretezza di ciò che

appare ancora oggi poco più di una speranza.

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Giovanni Jervis