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repressione poste dalla società, e le proprie spinte istintuali.

Un simile schema è statomesso sotto accusa negli anni '30 da una serie di psi-

canalisti e sociologi politicamente orientati a sinistra. Questi critici fecero osservare

che la morale della prestazione, della efficienza, della accumulazione, della rinuncia,

riassunta in termini psicologici da Sigmund Freud, non è che la morale borghese, la

interiorizzazione della repressione e della violenza esercitati dal capitale. Nella

misura in cui la morale borghese è stata trasmessa— attraverso il modello della

famiglia (cosa già sottolineata da Marx e Engels) e attraverso il modello

borghese

della educazione— alle masse subordinate, essa costituisce un freno alla presa di

coscienza e alla ribellione.

Questa tematica è stata ripresa in anni recenti. Si è visto che fin dall'infanzia di

ogni singolo individuo l'ipocrisia e la repressione familiare e educativa soffocano la

spinta al soddisfacimento del proprio piacere e, con essa, la spinta alla libertà e

all'insubordinazione. Ma il senso della legittimità profonda della insubordinazione,

e i l senso del proprio diritto ad accedere al piacere, costituiscono la premessa

indispensabile per la ribellione e il mutamento sociale. Più ancora: è proprio l'estrin-

secazione del bisogno di godimento e di felicità che fornisce l'energia per l'impegno

militante e rivoluzionario. Questa rivendicazione del piacere è anzi la sostanza stes-

sa, la materia attiva della chiarezza, del coraggio, della tenacia e dell'odio con cui è

possibile lottare efficacemente contro il sistema.

All'opposto, la convinzione della illegittimità del godimento fisico, la sensa-

zione della non-liceità delle spinte vive alla violenza e all'amore, e quindi il confor-

mismo, la repressione disciplinare e fredda dell'agire, sono il meccanismo psicolo-

gico che non solo castra alla radice l'energia necessaria per rivoltarsi efficacemente

contro il sistema, ma anche in ultima analisi maschera la percezione dell'ingiustizia,

e in più soffoca l'originalità e la dissidenza del pensiero, inibisce l'assunzione di

responsabilità impreviste, blocca i l coraggio per la discontinuità e la rivolta.

Peraltro la repressione è seducente, ha i suoi aspetti consolanti e gradevoli; dà sicu-

rezza, fornisce motivazioni «civili» per la propria vita, permette di prevedere un

futuro stabile per sèe per i figli; essaè durata, garanzia, routine, misura, buon senso.

Anche il «far politica a sinistra» accettando questa repressione diventa qualcosa che

appare abbastanza poco spinoso: nascono così

managers,

ragionieri e contabili

della politica. In pratica, lo

spirito burocratico

nella amministrazione e nella politica

non è altro che questa saggia

gestione della continuità.

Ma chi per sua natura gioca

in casa propria su questo terreno, eccelle in

questa

efficienza—e si dimostra spesso

più agile e spregiudicato — è sempre il capitalista moderno, non il militante di

sinistra.

Occorre sottolineare qui, seguendo Reich, l'importanza specifica della repres-

sione sessuale. Essa si esercita oggi, nella società contemporanea, mediante la ridu-

zione e l'inscatolamento dell'Eros in una dimensione culturalmente impoverita, con-

sumistica, intesa come sfogo, vacanza, evasione e oblio; e contemporaneamente

attraverso la sua persistente istituzionalizzazione all'interno della genitalità «priva-

ta» monogamica, «normalmente» eterosessuale, e procreativa. La repressione ses-

suale infantile costituisce ancor oggi nel condizionamento educativo degli individui,

la struttura portante di ogni repressione; così si può oggi riconfermare, con Reich,

che il rifiuto della repressione e della

separatezza

e

privatizzazione

della vita ses-

suale è momento fondamentale della identificazione dei bisogni reali, momento di

liberazione della dissidenza.

Al problema della sessualitàè legato quello dell'uso e del significato politico del

corpo.

La repressione sessuale è repressione del diritto-a

riconoscersi

nel piacere del

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