

E' forse utile, a questo punto, cercare di chiarire i l rapporto, del tutto
peculiare, che Napoleoni pone fra modelli teorici e realtà storica. (Non mi
interessa qui rilevare come esso sia in realtà coerente con la sua impostazione
di fondo). Spero che possa giovare, a questo proposito, l a citazione di un
brano tratto da un dibattito di Napoleoni con Graziani sul libro
11 pensiero
economico del '900 («
Rivista Trimestrale », n. 2, pag. 375). Dopo aver rilevato
che il fallimento delle teorie della concorrenza imperfetta e dell'oligopolio ha
mostrato che i l mercato capitalistico non è « aggredibile » mediante la teoria
tradizionale dell'equilibrio, Napoleoni così prosegue: « ... ma... questa consta-
tazione ha avuto rispetto alle sorti della teoria dell'equilibrio, conseguenze
radicalmente diverse da quelle che analoghe constatazioni hanno avuto per
le impostazioni deterministiche nelle •scienze della natura, e segnatamente
in fisica. I l fatto è che la realtà economica è modificabile dall'uomo, mentre la
realtà fisica non lo è. Di conseguenza mentre in fisica, quando ci si è accorti
che la realtà non poteva essere descritta mediante leggi di tipo determini-
stico, laplaciano, si è mutata impostazione; facendo ricorso a leggi di tipo
probabilistico, in economia,
d i fronte ad un'analoga constatazione, non c i -si
è t rovat i obbl igat i a introdurre, e d i fat to non s i è introdot to, u n simi le
mutamento,
giacchè ci si poteva attaccare, e di fatto ci si è attaccati, a un
altro partito:
quello di modificare la realtà,
mediante la pratica della program-
mazione l a quale teoricamente si appoggia, come è noto, su una ripresa,
mutatis mutandis,
della teoria dell'equilibrio. Naturalmente questo modo di
procedere ha potuto aver luogo
perchè questa teoria,
a differenza di ogni
teoria fisica,
contiene l a considerazione d i posizioni ott imal i , i l cui valore è
quello che è indipendentemente dal fat to che la realtà oggettiva si conformi
o
meno ad esse ».
(Corsivi aggiunti) E ' la rilevazione del fallimento
di una
teoria,
in altri termini, che spinge a modificare
la realtà
perchè essa si con-
formi ad
un'altra
teoria che si ritiene « superiore » i n quanto: a ) formal-
mente (cioè matematicamente) coerente, b) astrattamente ottimale (3) . Ana-
logamente — sotto questo aspetto — a certi marxisti che sostengono che la
contradditorietà formale della teoria del valore-lavoro riflette « le contrad-
dizioni dell'economia capitalistica », Napoleoni, confondendo i l piano della
realtà con quello della teoria; deduce l '« irrazionalità » del la realtà dal la
contraddittorietà della teoria (identificando, allo stesso tempo, coerenza for-
male e « razionalità » della realtà). Questa confusione, essendo alla base di
tutta l'elaborazione teorica di Napoleoni, la proietta immediatamente e inte-
ramente nei cieli della metafisica (si veda, per altri esempi fra i tanti, « Rivi-
sta Trimestrale », n . 3 , pag. 486;
L'equilibrio economico generale,
Bofin-
ghieri, 1965, pag. 211).
•
Negli scritti d i Napoleoni, e questo l ibro non f a eccezione, si t i ra i n
ballo Tutto l'Universo: dal feudalesimo alla società comunista, dai fisiocratici
( 3 ) Sul problema dell'ottimaalità si ritornerà in seguito. Si può osservare però che, ovvia-
mente, una configurazione può dirsi « ottimale » rispetto a tutte le altre
solo nell'am-
bito delle ipotesi poste.
Nel caso della teoria dell'equilibrio a cui allude Napoleoni,
tali ipotesi sono quelle necessarie al la coerenza formale del modello, così che l a
configurazione d i equilibrio non è affatto ottimale ( i n nessun Senso) rispetto a
qualsiasi altra ipotesi si voglia adottare.
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