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questione di principio da tener sempre in 'primo piano. Non a caso la Fiat

ha vantato questo aspetto dell'accordo, facendo notare che comporta dei costi,

ma di essere disposta a sopportarli purchè i l principio sia salvo.

L'aspetto più interessante non riguarda però i punti di applicazione imme-

diata, quanto invece i l nuovo tipo di meccanismi di contrattazione che ven-

gono a realizzarsi. I n pratica dal '69 in poi, sul piano n,ormativo, i diritti

di contrattazione delle condizioni di lavoro, in particolare dei tempi di lavoro

da parte degli operai Fiat, non avevano subito formalmente dei grossi muta-

menti qualitativi; fino a quest'ultimo accordo i tempi non erano contratta-

bili. La contrattazione si era però introdotta di fatto grazie soprattutto allo

sviluppo dell'organizzazione dei delegati, e in un modo abbastanza dirom-

pente per l'organizzazione aziendale, poichè si trattava di una contrattazione

non centralizzata, non predisposta secondo canali precostituiti. Essa avve-

niva per iniziativa operaia nella misura e nei tempi concessi dai rapporti di

forza tra operai e padrone e quindi in modo ben difficilmente prevedibile e

programmabile dall'azienda, con un grosso effetto di sconquasso sulle possi-

bilità di programmazione della produzione e di incremento della produttività,

o perlomeno d i previsione dell'incremento della produttività possibile o

meno in un determinato periodo.

Nelle intenzioni della Fiat, i l nuovo tipo di sistema contrattuale imper-

niato sui comitati dovrebbe appunto servire a evitare queste cose; l a Fiat

riconosce cioè formalmente la possibilità di contrattazione su temi che fino

ad ora erano contrattati solo di fatto e senza riconoscimento ufficiale, per

poterla incanalare in una struttura contrattuale centralizzata. Nelle inten-

zioni della Fiat, i l riconoscimento del diritto di contrattazione dei tempi ad

esempio significa che l'esplodere di un problema di tempi anzichè essere

affrontato e risolto direttamente sul piano dei rapporti di forza tra essa e

le sole organizzazioni dei delegati o qualsiasi altra forma di organizzazione di

base, verrà invece immediatamente demandato ai comitati. I l che in teoria

dovrebbe evitare interruzioni produttive, e permettere di concordare solu-

zioni programmate, con un margine di concessioni da una parte e dall'altra,

e di conseguenza di avere sia delle forme di contrattazione meno dirom-

penti, cioè non punteggiate da lotte impreviste, sia dei risultati più program-

matici in cui ad esempio il dosaggio delle concessioni da fare su certi punti

o su certi altri non è più dato dai rapporti di forza diretti tra operaio e

padrone, ma da un certo piano produttivo della Fiat. Per l'azienda, conce-

dere su un certo punto può essere compatibile coi suoi piani, e su un altro

no; essa può quindi dosare le concessioni secondo i l suo piano, mentre fino

ad ora non poteva certamente farlo, e si trovava a volte costretta a concedere

molto su punti dai margini per lei molto stretti, con la conseguenza di grossi

scompensi produttivi, mentre esistevano margini di concessioni inutilizzati in

altri punti. I l tentativo di rendere più compatibile la contrattazione degli

aspetti delle condizioni di lavoro con la programmazione aziendale, è dunque

una intenzione fondamentale della Fiat, e la lettera dell'accordo ha rispettato

pienamente questo tipo di esigenza. Sarebbe chiaramente astratto e ideolo-

gico basare subito ogni analisi e ogni previsione concreta sulla lettera dell'ac-

cordo. Si tratta di una reazione che la sinistra rivoluzionaria ha avuto troppo

spesso: prendere gli accordi alla lette'ra, dimostrando che sono un bidone.

E' vera ed è sempre possibile continuare ad affermarlo nella fase attuale, ma

non è più sufficiente.

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