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massimo si noterà che per mol t i versi sembra d i risentire argomenti da

«piano del lavoro » che non è stato esattamente un successo. E' più preoccu-

pante e negativo che nel gran mare delle valutazioni aggregate (che, con le

categorie con cui vengono abitualmente condotte — prodotto nazionale, reddito

medio, produttività — tendono a cancellare la realtà di classe), siano comple-

tamente scomparsi i tentat ivi d i precisare g l i strument i g l i i s t i tut i e i

criteri che permettano la formazione e l'espressione di una autonoma volontà

operaia i n fabbrica, che nella piattaforma c i sono e che andrebbero preci-

sati. Già non ci sono part i t i che difendano gli interessi di classe degli operai;

se anche i l sindacato smettesse d i far lo a l l ivel lo che g l i compete, del le

vecchie strutture organizzative del movimento operaio non resterebbe più nulla.

Così come è stato presentato i l punto d i vista dei sindacati rassomiglia

troppo a ciò che i l padrone sta già facendo da sè e si confonde quasi con

quello che alcuni consulenti, non d i destra ma non certo d i parte operaia,

gli consigliano d i fare. Ad esempio, per prenderne uno non ignoto, Augusto

Graziani va da tempo sostenendo e di recente, proprio ad una tavola rotonda

della fondazione Agnelli (pubblica nel senso che i l pubblico se non era stato

invitato non è stato neanche espulso) ha precisato che:

1)

i l vecchio meccanismo accumulativo è bloccato per la quasi piena

occupazione che tende a far salire le retribuzioni operaie e per la scomparsa

di alcuni elementi eccezionali presenti nel decennio scorso (sal to tecnolo-

gico, emigrazione al Nord); 2) non bastano misure d i politica economica a

rilanciare gl i investimenti.

Sono possibili alcune vie d'uscita:

1)

tentare d i ripetere al sud ciò che

si è fatto a nord dato che forse l ì sono ancora presenti alcune delle caratte-

ristiche eccezionali (abbondante manodopera bassi salari arretratezza tec-

nica). 2) Mettere in atto una politica dei redditi mascherata attraverso una

specie di scambio tra tregua salariale e spesa pubblica a fini sociali. In questo

caso però si avrebbe comunque un aumento del reddito generato dagli inve-

stimenti a f ini sociali (scuole, ospedali, assistenza) senza un aumento corri-

spondente della produzione dei settori esportatori e di conseguenza si avreb-

be uno squi l ibrio del la bilancia dei pagamenti. Per evitarlo bisognerebbe

assumere una posizione più rigida nei negoziati europei smettendo d i fare

i partners con le carte eternamente in regola e bisognerebbe concentrare altri

investimenti i n set tor i sostitutivi del le importazioni, ora non competitivi

ma che potrebbero diventarlo. 3) Sviluppare nuove tecnologie i n maniera

coordinata con la produzione in modo da diminuire la dipendenza dall'estero

e procurare di nuovo i vantaggi del salto tecnologico.

A parte l a maggiore chiarezza e i l maggior rigore, non del sunto ma

dell'originale, questa è la ricetta suggerita dai sindacati. Certo che Graziani

non è Agnelli; che ci sono voci ben più a destra (ce ne sono anche d i più

a sinistra però), ma la ricetta è ugualmente inaccettabile da un punto di vista

operaio se non altro per i soggetti operativi che individua. I soggetti dell'ana-

lisi e delle proposte di Graziani (ma anche della Collidà e degli al tr i relatori

del convegno d i Tor ino) non sono gl i operai, o i l sindacato, o al tre forze

sociali aggregate o aggregabili. I soggetti dell'analisi sono gl i imprenditori e

l'amministrazione del lo stato (imprese pubbliche incluse). Dall'analisi non

discendono cose che gl i operai, o altre classi sociali alleate agli operai o le

loro organizzazioni possono fare ma discendono cose che dovrebbe fare i l

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