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gaie inglesi ricavano benefici analoghi, e le attività petrolifere britanniche nel

Golfo rendono un profitto annuale di 500 milioni di dollari tondi tondi.

I l punto d i vista conservatore

Quando il governo laburista annunciò il suo progetto di abbandonare il Golfo,

l'opposizione conservatrice lo attaccò facendo leva sullo sciovinismo inglese. La

destra inglese sognava ancora un grosso ruolo « ad est di Suez » e i conservatori

rimanevano fedeli all'impegno di vendere al Sud Africa le poche armi strategiche

che i l governo di Wilson aveva sottoposto all'embargo. Tuttavia i conservatori non

si impegnaronomai a rovesciare la decisione laburista. Quando Heath visitò il Golfo

nel '69, dissesemplicementecheavrebbe « consultato gli amici inglesi » sul da farsi.

Lo scopo di entrambi i partiti era lo stesso. I l partito laburista sosteneva che la

presenzapermanente di truppe costituiva una

provocazione

per le massearabe del

Golfo e un drenaggio delle riserve di scambio britanniche. I conservatori ritene-

vano che i clienti locali dell'Inghilterra avessero bisogno di un appoggio militare,

eche i 20 milioni di sterline spesi per i l mantenimento delle truppe inglesi nel

Golfo erano più che compensati dagli oltre 200 milioni di sterline che l'Inghilterra

ricavava in profitti petroliferi e dagli altri benefici derivanti dal fatto che gli stati

filoimperialisti del Golfo, come i l Kuwait, depositano le loro entrate presso le

banche londinesi.

Quattro mesi prima di andare al potere i conservatori avevano preparato un

documento interno del partito sulla « difesa fuori dalla NATO », che riguardava

il Golfo, l'Asia sud-orientale e i l Cape Route. Riguardo al Golfo, i l documento

si compiaceva del rafforzamento dei legami tra l'Iran e l'Arabia Saudita, verifi-

catosi a partire dal '67, ma esprimeva preoccupazione per l'aumento dell'attività

navale sovietica nella zona. Esso giudicava l'Iran e l'Arabia Saudita capaci di

condurre un'efficace repressione interna ma ravvisava i l pericolo di una diffu-

sione dei movimenti rivoluzionari a partire dagli stati più piccoli del Golfo: « Il

pericolo sta dunque nella possibilità che i l disordine si diffonda da una delle entità

politiche minori del Golfo. Non c'è bisogno di un massiccio sostegno militare per

i più grandi stati litoranei, ma di una diminuzione delle possibilità di insurrezione

locale.. Sul piano politico quel che occorre perciò non è tanto la capacità di inviare

forze dall'esterno del Golfo, per quanto rapido possaessere l'intervento, quanto

piuttosto una forza militare stanziale, i l cui primo compito dovrebbe essere la

prevenzione ». E ammoniva: « Esiste ovviamente un rischio molto serio di disor-

dini politici subito dopo i l ritiro ». Questo documentomanifestava molto chiara-

mente ciò che i conservatori intendevano realizzare: una politica di vietnamizza-

zione del Golfo, cioè ritirare le proprie forze il più lontano possibilema costruendo

nello stesso tempo un esercito controrivoluzionario locale, sostenuto in ultima

istanza dalle forze aeree e terrestri dell'imperialismo. Essi non intendevano contra-

stare i desideri dell'Iran e dell'Arabia Saudita, che volevano i l ritiro delle truppe

inglesi, ma avrebbero gradito mantenere delle forze nel Golfo per ragioni sciovini-

stiche: i conservatori promettevano di mantenere delle truppe in Malesia e di

rafforzare la loro posizione strategica nell'Oceano Indiano.

Nel giugno del '70 i conservatori andarono al potere. Immediatamente gli USA

fecerogrosse pressioni per indurli a ritornare sulle decisioni in merito al Golfo.

Già Johnson aveva contrastato la decisione del governo Wilson del '68, e quando

Rogers arrivò a Londra in luglio cercò di farsi promettere che gli inglesi sarebbero

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