

soffocata nelle definizioni istituzionali e anche nelle forme di attività politica
normalmenteammesse o richieste nel sistema. Questo aspetto del movimento,
pur caratterizzandolo soprattutto all'inizio, non è stato però preso sufficiente-
mentesul serio dagli studenti specialmente per una falsacoscienza rivoluzionaria
(cfr. più avanti). Di fatto le dicotomie sopracitate si sono rapidamente ripro-
dotte, senza che i l movimento fosse in grado di controllare o almeno essere
consapevoledella dinamica che ciò metteva in moto. Infatti senza quel collega-
mento è inevitabile la perdita della base di massa (caratteristica essenziale di
un « movimento ») e il ritorno alle forme di lavoro politico « da gruppetto ».
Nel complesso invece la politicizzazione è restata una esperienza astratta,
magaricompensazione di problemi della sfera del ruolo sociale, ma non propria-
mentearticolazione dei bisogni in essarepressi. Cioè gli studenti spessoagiscono
(abreagiscono) politicamente
perchè
oggetto di repressione e spogliazione socio-
culturale, senza che i nodi di tale repressionediventino nodi per l'agire politico.
Essiportano con sè le motivazioni private, che sono oggettivamente la base
materiale imprescindibile della contestazione. Ma in quanto non vengono tema-
tizzate individualmente e collettivamente come elementi della politica, restano
irriflesse e quindi esercitano una pressione incontrollata su decisioni e orienta-
menti politici.
Ovviamente, la politica non può offrire una soluzione ai problemi indivi-
duali, le due dimensioni non coincidono mai. Ma senza l'ancoramento all'espe-
rienza individuale non ci sono alternative al volontarismo e all'ideologismo. La
politica
non
è abreazione di motivi individuali, ma non ne può prescindere. I l
movimento, proprio per aver rimosso il problema della riscoperta della politica
attraverso i conflitti del ruolo sociale, è stato poi preda appunto di tali motivi
incontrollati mascherati da un'ideologia verbale rivoluzionaria.
Comeconseguenza si è avuta una certa « ipostatizzazione» di gruppi di
quadri rispetto alla base. Essi per lo più non si sono trasformati in « rivoluzio-
nari di professione»aderendo a una qualche organizzazionemarxista-leninista,
masono restati a metà tra la figura di avanguardia interna e quella (in sè ano-
mala, probabilmente transitoria) di « quadri » sradicati alla ricerca di un'orga-
nizzazione. I l fenomeno non è necessariamente negativo, però si deve essere
consapevoli dei pericoli che comporta: proprio questi gruppi di militanti tendono
avalutare la situazione non oggettivamente, ma soggettivamente, in base alle
occasioni di lavoro politico interessante (per loro) che essa può offrire. Così si
sentespessodire da tali militanti che il lavoro politico nella scuola e nell'univer-
sità è « bruciato », .che l'esperienza di lotta in queste istituzioni è finita e che
il discorsopolitico specificodello studente è conchiuso. In realtà, però, a livello
discuola e università non si è mai o quasi mai passati dalla contestazione antiau-
toritaria alla politica eversiva (costituzione di situazioni di doppio potere, uso
dellascuolacomebaseper analisi di classedella società e comepunto di contatto
tra strati e gruppi sociali diversi, critica di contenuti culturali e scientifici, critica
delladivisione sociale del lavoro, ecc.). La mancatamediazione tra lavoro poli-
ticonell'istituzione e lavoro politico esterno è ancora oggi il problema centrale
delmovimento. Senza tale mediazione non si ricupererà una base di massa e i
gruppi di attivisti dovranno volenti o nolenti assumere il ruolo estremamente
problematico di « rivoluzionari di professione ». Ma allora non saranno più
avanguardia interna di un movimento di massa e lo devonosapere.
Lecaratteristiche socioculturali dei gruppi e strati sociali •interessati hanno