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rivoluzione culturale? Credo che l a risposta risieda nel f a t t o che anche i l

socialismo rappresenta una fase di transizione; si tratta, cioè, di un processo,

e non d i un fat to acquisito.

I l socialismo è uno stato d i equi l ibrio precario dal quale s i può avan-

zare verso i l comunismo o retrocedere nuovamente verso i l capital ismo,

ciò che nel caso della Cina significherebbe un r i torno alla stragnazione semi-

feudale e semicoloniale. Nel la società socialista l e classi non sono state

ancora abol i te, e sopravvivono gravi contraddizioni ereditate da l passato.

Le differenze t r a lavoro intel lettuale e manuale, t r a c i t tà e campagna, t ra

contadini e operai, t ra sistemi col let t ivi d i produzione e sistemi individual i

di retribuzione, ecc., contribuiscono t u t t e a produr re del le di fferenze d i

classe e con esse l'individualismo, la ricerca dal privi legio e l'ideologia bor-

ghese. Tu t t o questo avviene spontaneamente, e ne l quadro stesso de l l a

società socialista. La lot ta t ra le persone guastate da tale mentalità e quanti

invece rimangono fedeli agli obiettivi egualitari a lunga scadenza della classe

operaia è un fat to endemico. Se i rivoluzionari non s i organizzano con i l

preciso scopo d i combattere i seguaci del capitalismo, l a loro inerzia f ini rà

col propiziare l a v i t tor ia d i quest i u l t imi . S i t ra t t a d i u n problema che

i socialisti non avevano mai affrontato seriamente pr ima d'ora.

In rappor to a una fase precedente e a un diverso contesto,

Fanshen

chiarisce bene i termi n i de l problema. Quale che fosse l ' importanza de l

cambiamento dei rappor t i d i produzione — dell'espropriazione degl i agrar i

e del la distribuzione del la loro terra a i contadini, tale misura tut tavia non

era d i pe r sè sufficiente a creare una nuova società, nemmeno l a Nuova

Democrazia d i transizione fondata su i piccol i propr ietar i politicamente ed

economicamente eguali. A questo fondamentale cambiamento de i rappor t i

di produzione s i dovette accompagnare, pr ima che l o s i potesse r i tenere

consolidato, u n o sforzo consapevole e prolungato r i vo l t o a t rasformare

l'ideologia, la cultura, l'educazione e le consuetudini sociali. Se questo valeva

per l a Nuova Democrazia, nel la quale l a propr ietà pr ivata del la ter ra era

ancora predominante, non dovrà a maggior ragione valere per i l socialismo,

per un sistema che l a fa f ini ta con l a proprietà privata, con gl i oppressori

e g l i sf rut tator i d i ogni specie, aprendo l a strada a un f u t uro col lettivo?

Alla borghesia europea sono occorsi parecchi secoli per spezzare i l feuda-

lesimo e consolidare i l potere pol i t ico, l ' ideologia e l a cul tura borghese.

Rivoluzione e restaurazione si susseguirono l 'una al l 'al tra per decenni. Resi-

dui del feudalesimo e del di r i t to feudale sopravvivono tut tora come remora

al l ibero svi luppo de l capitalismo. Sarebbe pura utopia attendersi che l a

classe operaia possa evi tare t a l i d i f f i co l tà nel l 'opera d i costruzione d e l

socialismo.

Ciò richiama un al t ro aspetto dell'attuale svi luppo del la rivoluzione

la questione dell 'uomo socialista. Isaac Deutscher, ad esempio, riteneva del

tutto improbabi le che i n società ancora al le soglie del benessere s i formas-

sero uomi n i socialisti. A suo avviso , i l lavoratore teor ico-pratico, col to e

disinteressato, preconizzato da Marx, poteva fare i l suo ingresso sulla scena

mondiale solo quando i l socialismo avesse prodot to una società material-

mente ricca e senza classi, nella quale tut t i i rapport i t ra gl i uomini fossero

stati modi f icat i da l l e fondamenta. I n sostanza, Deutscher diceva che g l i

uomini avrebbero agito disinteressatamente solo quando non c i fosse stato

più mot ivo d i essere egoisti.

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