

« il grano dalla pula ».
Guardiamo alle lotte operaie che si svolgono a Torino i n questi gior-
ni (12). L'nserimento degli studenti sembra essere stato corretto e politica-
mente fruttuoso. Gli operai hanno fiducia negli studenti perchè essi
parteci-
pano
realmente della loro lotta. La lotta di Torino non è solo comune ma
comunitaria. Di qui nasce una considerazione. Nelle fasi di lotta, i l « colle-
gamento » fra operai e studenti raggiunge i l massimo livello di fusione, con
l'eliminazione spontanea delle provenienze e delle esperienze di categoria e
avvia un reciproco processo di maturazione.
Diversa, ma non «altra », dovrà essere la nostra presenza in una situa-
zione di « pace sociale ».
Nella lotta, la
« situazione » dell'operaio è la lotta.
Lo studente-militante dovrà conoscere la lotta in tutti i suoi aspetti, dovrà
interpretarla con gli occhi delle masse, dovrà spingere in avanti il suo livello,
perchè dal particolare sindacale, si arrivi al generale politico, con una presa
di coscienza « dal vero » delle istituzioni repressive del sistema.
Nella cosid-
detta pace sociale
l a situazione dell'operaio — dell'edile a Roma — è i l
lavoro, e con i l lavoro una certa famiglia, una certa casa, una certa scuola,
un certo ambiente.
Lo studente-militante, nei cantieri edili e nelle borgate, avrà modo di
conoscere-partecipare i l livello di vita e di disagio delle masse. Le parole
d'ordine e di mobilitazione che arriverà a formulare saranno comprensive
dell'insofferenza che cantiere e « tempo libero » avranno accumulato.
Il principio della partecipazione alla realtà comunitaria (e alla trasfor-
mazione della realtà) delle masse sfruttate corrisponde, « in tempi di pace »,
al lavoro politico che i compagni torinesi stanno svolgendo in questi giorni
in periodo di lotta.
Il processo naturalmente non potrà che essere complesso e faticoso.
Tuttavia bisogna evitare sia di esagerarne la complessità perdendo vista i l
suo carattere « d'inchiesta » per la lotta, sia di sottovalutarne l'importanza
rischiando così di compromettere la realizzabilità stessa del lavoro politico:
«chi non ha fatto l'inchiesta non ha diritto di parola ».
Per i nostri militanti questo è un vero e proprio banco di prova: supe-
rarlo vuol dire porre le basi per l'organizzazione rivoluzionaria nel paese;
venirne sconfitti vorrebbe di re o chiudere l a lotta nell'università con i
pericoli riformisti di cui si è detto, o isterilire i l movimento in un lavoro
operaistico e senza sbocco. Gli studenti possono diventare dei militanti rivo-
luzionari strettamente legati alle masse oppresse o possono invece rimanere
studenti, ma per quanto ribelli, « esterni » alle masse. La nuova realtà univer-
sitaria non deve isolarsi, deve scardinare le vecchie barriere ideologiche, fare
aria nei santuari marxiani, imporre una sperimentazione corretta e aderente
alla linea dì massa.
(12) Non avendo potuto partecipare direttamente alle lotte toribesi, i l nostro discorso
sarà generale. Ci sembra però, anche se in base a informazioni di seconda mano,
che la lotta comune di studenti e operai si differenzi qualitativamenté dalle vecchie
manifestazioni congiunte di protesta: cortei, comizi ecc., e che pertanto debba essere
considerata come un salto (ancora tutto da valutare) nella direzione del lavoro di
pratica sociale.
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