

ritenere che i l nostro compito consista nel trasformare i l p i ù rapida-
mente possibile i pazzi in rivoluzionari.
Posso r i fer i re solo in modo molto schematico le difficoltà che sor-
gono a questo punto. I n primo luogo v i è la possibilità d i considerare
il disturbo mentale sotto l'aspetto d i una situazione socio-psicologica
complessa caratterizzata dalla mancanza d i libertà: i l l ibertà psicologica
e al tempo stesso politico-sociale. I l malato esiste e viene trattato come
tale anche in quanto viene reificato in una situazione che non gl i lascia
alternative: questa situazione viene esemplificata nel la sua forma p i ù
tipica e brutale dalla condizione del pazzo nel manicomio. Poichè questa
illilDertà è u n aspetto individuale d i una violenza sociale, i l malato
può riappropriarsi della sua possibilità di proporsi come soggetto agente
nella misura i n cu i prende coscienza del la propr ia situazione, conte-
standola. Ciò non è facile, per tut ta una serie d i motivi. Ma quel che
importa notare è che a questo punto compaiono due ambiguità.
La prima ambiguità è che la presa di coscienza contestante del ma-
lato di mente viene originariamente proposta non dal malato, ma dallo
psichiatra « progressista », che assume quindi u n ruolo d i pedagogo
attivo: egl i è agente del processo di liberazione del malato pr ima che
il malato possa farlo proprio. Lo psichiatra pub solo sperare di decadere
dal propr io ruolo l iberante nel la misura i n cu i i l malato, impadro-
nendosi gradatamente del la propria liberazione, g l i contesterà l a sua
funzione « pedagogica ».
La seconda ambiguità nasce dal ruolo sociale dello psichiatra « pro-
gressista » e dalle condizioni organizzative e politico-sociali i n cui g l i
è concesso operare. Risulta ovvio da quanto si è detto che non è possi-
bile proporre una « antipsichiatria » sul la base d i una casistica d i
comodo, selezionata artificialmente, e meno che mai trattando pazienti
borghesi nella chiusa protezione di una clinica privata, dove ogni espe-
rienza rivoluzionaria
sembra
possibile nel la misura i n cu i essa è d i
fatto separata dal continuo confronto con la violenza del mondo esterno.
La scelta dell'ospedale psichiatrico pubblico come luogo d i azione è
quindi inevitabile. D'altro lato lo psichiatra si trova con ciò pienamente
inserito in un sistema repressivo; se pretende di scardinarlo dall'interno
non plies esimersi con ciò di rischiare i l riformismo e anche l'ambiguità
dell'azione, pe r agire ha bisogno d i un potere che è inevitabilmente
compromesso con quella stessa violenza sociale che tende a reificare
il malato di mente.
Lo psichiatra si trova dunque in una posizione difficile : per un lato
è tenuto a dimostrare l'inconsistenza scientifica del la propria discipli-
na e a denunciarne la funzione mistificatrice all'interno del sistema; per
un altro aspettó non put) proporre se non con estrema difficoltà alterna-
tive realmente eversive o assumere u n ruo l o politicamente r i vo l u-
zionario.
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