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e esauriente, ma in qualche modo deve trattarsi di un segno dei tempi:

solo pochi anni fa una cosa del genere sarebbe stata impensabile. Qual-

cuno ha già tentato, al proposito, d i enunciare una serie d i generaliz-

zazioni: c'è una crisi dei valori, non si sa più cosa sia normale e cosa

non lo sia, la società è impazzita, dobbiamo ritrovare noi stessi. Non mi

sembrano enunciazioni molto ut i l i . Partirei piuttosto da una considera-

zione: l a psichiatria è i n crisi, come psichiatri non sappiamo più cosa

stiamo facendo.

Sulla cr isi del la psichiatria bisognerebbe fare u n lungo discorso.

C'è chi sostiene implicitamente che questa cr isi non esiste, ma non è

vero. Mol t i d i noi continuano a seguire l e vie del la psichiatria tradi -

zionale, semplicemente perchè rinunciano a cercare, o non si rendono

conto della situazione. Al t r i credono ancora nella novità della psicoana-

lisi, o tentano d i sondare i l messaggio freudiano secondo nuove inter-

pretazioni: queste ul t ime per?) non fanno che confermare una vecchia

malattia ( i l « disagio della psicoanalisi » dura da almeno vent'anni) e

da un al tro lato ribadiscono una inevitabile decadenza e un appiatti-

mento del contenuto più genuinamente rinnovatore delle vecchie idee

freudiane. L a psichiatria antropo-fenomenologica sembra ave r det to

tutto quello che aveva da dire e si rivela sempre più chiaramente intrisa

di idealogie reazionarie, i neo-pavloviani da l canto l oro non hanno

ancora prodotto nul la che possa considerarsi veramente nuovo. Come

psichiatri non sappiamo più dove rivolgerci nel momento stesso i n cui

ci accorgiamo che la vecchia psichiatria non serve più. Ne i congressi

internazionali si ha l'impressione che la psichiatria più che i n crisi sia

morta, eppure non si tratta d i un vuoto improvviso. Avremmo dovuto

accorgercene prima: vediamo oggi che si è trattato di una lunga agonia,

di una malattia che ha avuto alcuni suoi punt i c r i s i , alcune l inee

di sviluppo.

Innanzi tutto, v i è l a l inea costituita dal la cr isi della psichiatria

istituzionale. Si sta riscoprendo in questi anni che i fol l i dei manicomi

non lo sono diventati per colpa dell'evoluzione di un processo morboso,

quanto piuttosto perchè g l i ospedali psichiatrici tradizionali sono delle

fabbriche di malati. I malati di mente non sono, come vorrebbe la legge,

«pericolosi » per gl i al tr i e benchè vengano resi sistematicamente peri-

colosi dal trattamento manicomiale essi continuano egualmente a com-

piere, fatte le debite proporzioni statistiche, un numero minore d i at t i

criminosi d i coloro che vengono considerati come sani, e un numero

assai minore di del i t t i « gratuiti » (ma i n realtà i del i t t i gratui t i non

esistono) d i quel l i consumati dai sol i automobilisti « normali ». Se poi

sono talora di « pubblico scandalo », o asociali, o antisociali, non è detto

che ne vadano r i tenut i responsabili: f r a ' l 'altro l e convenzioni cul-

turali che regolano tali formulazioni sono quanto mai variabili, e soprat-

tutto non hanno a che fare con alcunchè d i obbiettivamente definibile

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