

perseguito dalla politica culturale comunista per un lungo periodo; e le assur-
dità, le contraddizioni e le mistificazioni di quella politica culturale sono state
appunto l'oggetto di una buona parte di quei miei scritti. Quanto al « segreto
cheAmodio avrebbe scoperto, credo di aver ripetuto non so .quante volte che
ia poesia ha da essere aristocratica e democratico invece i l poeta; e che le
verità non si votano a maggioranza. Attribuirmi l'idea che gli uomini di cultura,
anzi « gli scrittori e gl i artisti », siano dei rosacroce illuminati dallo Spirito
equindi chiamati ad ispirare la linea politica del Partito Del Proletariato: ma
questo è i l fastigio della maggior parte degli articoli che da un quarto di secolo
mi scrivono contro di volta in volta giornalisti socialisti, funzionari comunisti,
e, in tempi più recenti, anche qualche mangiafuoco estremissimo. Come poi
questo si metta d'accordo con l'accusa di « democraticismo », lo sapranno i miei
contraddittori.
Ma come spiegare questo abbaglio abbastanza incredibile? Forse una rispo-
Fta la si trova in un altro passo della nota di A.
F. (egli scrive) ha parlato della politica antifascista dei comunisti (intendi:
degli Anni Trenta) quale « prospettiva culturale rivoluzionaria come invera-
mento del massimo umanesimo borghese »; poi, invece, « attraverso Korsch
risale al
giacobinismo
di Marx-Engels-Lenin... » (Qui va detto che la scrupolosa
indicazione della pagina può indurre i l lettore e credere che F. davvero risalga
eccetera; quando invece i l F. cita, in modo estremamente cauto, un passo di
Korsch e, in proprio, a pag. 120 del suo libro, « la tendenza a rifiutare la com-
ponente universalistico-p,acobina del marxismo » è attribuita, semmai, a Brecht;
nia di questo più oltre). A questo punto A. mette in moto un supplemento di
logica: se « la scelta Istalinianal per le potenze democratiche borghesi rispetto
al nazismo aveva indubbiamente un significato ideologico di
relativa
continuità »,
secioè la politica dei Fronti Popolari si situava nella linea dell'inveramento
del massimo umanesimo borghese, allora, attenzione: « il significato
strategico
del patto Molotov-Ribbentrop del 1939 fu proprio nel senso del rifiuto della
scelta e dell'affermazione della auspicata
discontinuità».
Auspicata, da chi? Ma
èchiaro: dai Fortini, cioè da quanti, mascherati da Brecht o da Korsch, o da
chi vi pare, tendono ad accettare « la componente universalistico-giacobina del
marxismo... solo se strettamente congiunta con eredità preborghesi o protobor-
ghesi... o extraeuropee » (F. F., op.
cit.,
p. 120). In conclusione:
l'accordo fra
bolscevismo e nazismo è (suggerisce A.) per i Fortini l'auspicata strategia poli-
tica
e
culturale.
Chi revoca in dubbio la continuità doverosa con la grande
cultura umanistica borghese ed europocentrica è insomma un aspirante na-
zista
(1).
Si illuminano abbastanza bene i motivi dei « fraintendimenti »; ed i loro
(1) A. lo conferma nella medesima pagina: « La parola d'ordine d i una rottura totale con la
cultura borghese progressiva nasconde alla f in fine semplicemente l'opposizione fra comuni-
smo della miseria e comunismo
finale
che è anche del benessere, fra "despotismo orientale"
eregno della libertà ». D i questi aut-aut « scientifici », d i queste balle da « Corriere della
Sera» s i farà un giorno la storia. Ma quanti ne sono rimasti vittime; e non sempre t ra
i meno generosi. Vittorini, ad esempio, negli ultimi anni. Con amabile cortesia I . Calvino,
sul « Menabò » n . 10, p . 85, ne rammenta « l'indiscriminata automobilofilia »: mentre i l
«despotismo orientale » c i condannerà tut t i al tram, come sappiamo, o nella migliore delle
ipotesi, al ciclomotore.
— 128