

62
PRISCO
Ma dopo qualche giorno tutto
fu
tra nquilio e norma le, di
nuovo : part ito con la promessa di scri vere, egli non mandò
akun biglietto. Sentivo in Adriano la delusione. La sera a
!etto (poichè adesso avevamo due lettini, in una medesima
stanza), la sera egli mi parlava; io mi sporgevo per fargl i accen–
dere la sigaretta, accendevo, e parlavamo seguendo ciascuno le
volute di fumo pigre e grigie stag nanti sopra di noi. Eravamo
supini. Adriano mi parlava :
- Sar~sti contento, papà, se davvero tentassi quella
strada?
- E una carriera non facile,
più
che capacità occorro no
fede, perseveranza ...
- Ma io ne ho, papà - m'interrompeva . - lo ne ho,
lo sai .
. - Sì, figlio mio.
- Però lui non ha scritto più .
- È
vero.
E
cominciavo a soffrire
la sua pena : ma era mio, egli era
ancora tutto mio. Invece quando
il
pia nista mandò una lettera
improvvisa.ment e dopo qualche mese,
non
fui più sicuro . Egli
invitava Adriano
in
città per una aud izione al suo albergo,
no–
minava talun e personalità che si sarebbero trovate da lui. E io
non fui più sicuro : eppure accettai prima ancora che me
ne
chiedesse il permesso .
- Andiamo insieme, si capisce - egli propose, senza ca–
pire che quella sèmplice gita in città costituiva un primo solco
tra
noi.
La
sua vita, la sua vita . No non capi:va. Non capì nem–
meno al momento di partire: io avevo natu ralmen te rifiutato
d'accompagnarlo adducendo non
so
più quale lavoro, giacchè
non avrei sopportato di veder lo, sotto i
miei
occhi staccars i da
mc. Intuivo che sino al momento di essere introdot to e presen–
t ato a quegli uomini - degli
uomini -
sarebbe stato mio :
poi più.
Lo
baciai accompagnandolo sino
in
fondo al viale. Era
febbrile, un poco trasognato . Oh lo ricordo sempre. Anche
mia madre e Maurilia s'erano ~atte fuori l'ingre sso a salutar1o
per quest a pa.rtenza che costituiva un avvenimento addirittura
eccezionale.