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FRA NCESCO ] OVINE

Solitudine dell'intelligenza

C

APITA

di chiedersi, in quest i anni, più spesso

che in

altr i

periodi , se

i

grandi fatti dell'umanità

siano opera delle

masse o

di pochi

gruppi

di

eletti che delle mas~e si farebbero

condottieri esprimendone

le esigenze

o

addirittura

elaborando

per loro, ideologie e mezzi per attuarle.

La risposta ad un quesito del genere

è

sempre duplice e

non raramente

triplice.

Le

prime due danno come esclusive

le funzioni o delle masse o dei gruppi

selezionati ; la terza

contempera le due esigenze e afferma come esistente un processo

di trapasso tra masse e ceti intelligenti per cui le prime senti–

rebbero oscuramente quello che negli eletti diverrebbe chiaro

ed operante per lavoro sottile di interpret:1zionc e di critic:i.

La terza opinione

è

palesemente ottimistica e presuppone

un'armonia

tra oscuri impulsi e chiarezia di visione intellet•

tualc.

E,

forse, nelle

età

felici dcl1a storia, se mai ve ne furono,

l'armonia si n~rificò

e

gli uomini godettero dei benefici di un

progresso civile prima unanimemente sperato e poi felicemente

attuato.

Forse quest'armonia

remota

è

ritenuta perfetta dalla vi–

sione posteriore. Comunque occorre ammettere che vero pro–

gresso non può darsi senza che si verifichino queste favorevoli

circostanze; come per converso, le terribili sciagure dell'urna•

nità dipendono da un divorzio troppo lungo fra

le

forze anonime

e

i

tesori illuminanti dell'intelligenza.

Questo ,ultimo periodo, che va dalla fine del secolo 1>3ssato

fino ai nostri giorni, ha assistito a una svalutazione ostinata

dell'intefligerua

a favore delle forze indifferenzia te alle quali

si

è

cr~uto

di riconoscere, non solo il vergine vigore dei fatti

della natura, ma anche, implicite in questo vigore, quel che

di buono e di veramente util e l'int elligenza contiene.