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VE ANGELIS
Voi non avete attraversato, d'inverno, via dei Banchi Vec–
chi, oltre il ponte; il piede scivola sull'umido della discesa,
tuttavia invischiato dalla mota sulla pietra, e, d'improvv iso, 13
città sparisce, poichè via dei Banchi Vecchi
è
un vicolo stretto,
un vero budello in cui le finestre si guardano come occhi senza
ciglia, da una distanza
mi11ima.
Se
quelle finestre avessero vasi
di
fiori - cespi
di
garofani,
ad esempio, o di girasoli - non
sarebbe improbabile che il sole vi calasse a una certa ora. del
giorno per una esitante esplorazione; ma
i
davanza li sono
spogli, di pietra gelida o talmente intrisa di umido da gemere
appena una donna si affacci puntellandovi
i
gomiti.
Qua lche nego-.r.iodi carbone accentua con le sue tenebre il
buio della strada; e le case sono altissime, toccano il cielo
ingombro di nuvole.
- Dcvi dire che sei un cugino di Berto, di Orvieto, - si
raccomandò la donna per le scale.
- A chi?
- A mia cognata.
- E chi sarebbe questo Berto?
Michelina sorrise appena, con gli occhi, foce un cenno vago
che indicava un tempo remoto e una remotissima distanza.
Per le scale c'era un odore di zuppa, di fagioli con le coti–
che, di olio fritto, i gradin i erano consunti dall'umidità e dal
fiat~ delle cucine aperte sui ballatoi.
- Abiti con tua cognata, dunqu e?
- Certo. La cucina
è
in comune con altra gente : devi
essere prudente.
- Che faremo con tanta gente?
- Vedrai! Ti piacciono i fagioli còn le cotiche?
- (Che roba
è? -
avrebbe voluto domandare Thomas,
ma rispose di sl, con un grugnito).
Entrando nella cucina, Michelina lasciò la mano del gio–
vane, salutò ridendo una bimba che rimestava in un calderone.