

anche due o tre) era un operaio compositore scelto, un capo squadra
al quale il proprietario (se la tipografia era di modeste proporzioni)
oppure il direttore o il proto (se si trattava di una grande tipografia),
affidava la composizione di un lavoro - libro, giornale o altro -
che egli doveva consegnare corretta, revisionata e pronta per la
stampa. Il funzionista percepiva un salario per le sue personali pre–
stazioni di controllo e di sorveglianza, ed inoltre riceveva
il
prezzo
della intera composizione (che secondo i termini della tariffa era
- come si
è
detto - di 35 centesimi al 1.000) perché provvedesse a
retribuire egli stesso i pacchettisti da lui assunti per eseguire il lavoro.
Il funzionista insomma era
«
colui che - per usare le parole della
" Tipografia Milanese " - assumendosi il disimpegno di certi la–
lori, [era] lasciato quasi arbitro di scegliersi a suo talento quel
numero e quella qualità di personale più a lui conveniente per farlo
eseguire
»
19
•
I pacchettisti assunti dal funzionista non venivano però mai pa–
gati
«
in tariffa», ma percepivano un salario decurtato di una certa
percentuale che veniva intascata dal funzionista come prezzo per la
propria intermediazione. La decurtazione del salario operaio, che era
intorno al 10-15o/o quando il lavoro veniva affidato al funzionista
direttamente dal proprietario, si elevava notevolmente quando
il
lavoro da eseguire veniva consegnato dal proprietario al proto e,
successivamente, dal proto al funzionista. Il proto, infatti, ottenuto
il
lavoro, lo
«
sperlava
»
20
calcolando se gli conveniva di più farlo
eseguire dai lavoranti che teneva a propria disposizione, o passarlo
al funzionista, ricavando dalla cessione un profitto non indifferente
21
•
Passato il lavoro dalle mani del proto in quelle del funzionista, questi
«
sperlava
»
a sua volta
il
lavoro prima di passarlo al pacchettista,
il quale non poteva perciò sperare di guadagnare più di 25 centesimi
al 1.000,
cioè
ben 1 lira in media al giorno meno di quanto fissato
dalla tariffa
22
•
La corsa al risparmio sul salario, che si traduceva nella mancata
osservanza sempre più generalizzata della tariffa e che trovava di
comune accordo grandi e piccoli proprietari da una parte e proti
e funzionisti dall'altra , aveva come immediata conseguenza l'impiego
sempre
più diffuso della mano d'opera minorile. I ragazzi, poco nu–
merosi
nei grandi stabilimenti (pochissimi erano in particolare nella
tipografia
di Sonzogno) «pu llulavano» letteralmente nelle piccole
tipografie.
«
Una delle cause precipue a cui dobbiamo, in gran parte,
il
favoloso ribasso della mano d'opera
» -
affermava a questo propo–
sito
«
La Tipografia Milanese »
23
-
«
è
certamente la smodata
concorrenza che si fanno i piccoli proprietari di tipografia
».
Essi
infatti, pur di ottenere lavoro dai committenti, dai librai e dagli edi–
tori, stabilivano prezzi cosl esigui da essere costretti a ricorrere
27
Biblioteca Gino Bianco