Table of Contents Table of Contents
Previous Page  36 / 460 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 36 / 460 Next Page
Page Background

precedenti salari al costo della vita. Si ha dunque l'impressione che

la tariffa del 1860 non migliorò sostanzialmente le condizioni degli

operai tipografi; la indubbia importanza della tariffa per lo sviluppo

successivo delle lotte dei tipografi sembra dunque doversi indivi–

duare soprattutto nel modo in cui essa

fu

conquistata, piuttosto che

nel suo contenuto specifico.

La convinzione che con la tariffa del 1860 le reali condizioni dei

tipografi milanesi non registrarono in generale alcun apprezzabile

miglioramento è rafforzata, oltre che dalle cifre, dal fatto che, in

pratica, assai raramente si dava il caso che un operaio riuscisse a

percepire il salario che pure la tariffa sulla carta prevedeva.

Ben poche erano le tipografie che si attenevano scrupolosamente

alla tariffa (Bernardoni, Treves, Reale e pochissime altre)

14

La

maggior parte degli imprenditori tipografi infatti, in totale sprezzo

degli accordi, pagavano salari che variavano da 34-32 centesimi al

1.000 (lire 3",40-3,20 al giorno) a 24-22 centesimi al 1.000 (lire 2,40-

2,20 al giorno), quando non arrivavano addirittura a pagare 2,18

centesimi al 1.000 (tipografia Wilmant) , e cioè quasi la metà del

salario pattuito

15

.

Molte poi erano le tipografie che non rispettavano

le modalità previste per la retribuzione del cottimo: in alcune tipogra–

fie, anziché conteggiare le

n,

si conteggiava

«

il quadratino ; altrove si

deduceva dal prezzo della composizione l'equivalente della scomposi–

zione, vale a dire il lavoro di riordinamento dei caratteri che avevano

già servito alla stampa e che era affidato agli apprendisti

»

16

Se la

tariffa era poco rispettata in molti grandi stabilimenti tipografici, essa

restava addirittura lettera morta nelle piccole tipografie.

La generale inosservanza della tariffa trovava infine un'impor–

tante causa nella struttura stessa dell'organizzazione del lavoro al–

l'interno delle tipografie e, in particolare, nel fatto che in molti sta–

bilimenti tale organizzazione faceva perno sulla figura del

«

funzio–

nista

»

17

Nella tipografia, guidata per lo più da un direttore con

mansioni tecnico-amministrative e da un proto, cui era affidata l'ese–

cuzione tecnica generale del lavoro, il personale era generalmente

inquadrato in varie categorie cui rispondevano funzioni tecniche e

quindi diverse retribuzioni. A grandi linee si può dire che ad una

prima e fondamentale suddivisione tra compositori e impressori,

seguiva, nell'ambito della prima categoria, una seconda suddivisione

tra compositori

«

pacchettisti

» (

o compositori

«

a dilungo

» ),

da un

lato, la cui Junzione esigeva un minor impiego delle facoltà intellet–

tuali ed una maggiore intensità di lavoro manuale, e

«

bagatellisti

»,

dall'altro, cui erano affidati i lavori commerciali e il cui lavoro

era

poi verificato dai

«

correttori

»

o correttori di bozze.

Il funzionista

18

(nelle grandi tipografie ve ne potevano essere

26

Biblioteca Gino Bianco