

Infine in provincia cli Milano la industria meccanica era eserci–
tata
da
348 opifici nei quali erano occupati complessivamente 11.731
operai. Il settore più notevole per ordinamento tecnico e per nu–
mero di operai era quello addetto alla produzione cli materiale
fenoviario. Vi si segnalavano ancora la
«
E. Breda
&
C. », la
«
Costruzioni Meccaniche
»
di Saronno, la
«
Miani
&
Silvestri
»,
la
«
Grondona Comi
&
C.
»
ed altre ancora, tutte di notevoli di–
mensioni. Per la costruzione cli caldaie e motori pure si segnala–
vano alcune grandi ed importanti aziende quali la
«
F. Tosi
»,
la
«
Larini Nathan
»,
la
«
E. Suffert
»,
la
«
G. Stucchi» e le più re–
centi
«
Langen Wolf » e
«
Stigler
».
Le
macchine per cucire erano
fabbricate solo dalla
«
Prinetti », mentre macchine tessili costruiva
la importante
«
G. Hen semberger
»
di Monza; la
«
A. Salmoiraghi
»
si segnalava infine nella costruzione di strumenti di precisione. In
totale le 348 officine meccaniche disponevano di 117 caldaie a va–
pore con una potenza di 3.166 cav. clin., e di 150 motori vari
- di cui solo 3 idraulici - per un totale di 2.769 cav. clin.
Appare nel complesso evidente come questo settore , nonostan–
te il ristagno dell'espansione verificatosi negli anni della crisi, si
fosse fortemente sviluppato ed accentrato specialmente nella zona
cli Milano, dove prosperavano fabbriche di grandi e medie dimen–
sioni con un ordinamento tecnico ed anche finanziario abbastanza
rilevante.
È
sufficiente constatare a questo proposito come su
quasi 15.000 lavoranti meccanici lombardi ben il
75%
fosse con–
centrato nella provincia milanese, che disponeva pure di caldaie e
motori moderni, in grado di fornire una quantità in proporzione
assai rilevante di energia motrice. Mentre la pur antica industria
metallurgica lombarda non aveva saputo rinnovarsi in profondità
ed aveva perso le posizioni di preminenza a vantaggio dei moderni
ed
ingenti complessi sorti in Liguria, Toscana ed Umbria, l'indu–
stria meccanica a Milano e Brescia in pochissimi decenni era ve–
nuta affermandosi con un discreto nucleo
di
importanti officine,
tali da assicurare nettamente alla regione il predominio in Italia,
nonostante che questo sviluppo non fosse ancora sufficiente che a
coprire in minima parte le esigenze del mercato.
Dopo
il
1898 le industrie metallurgiche e meccaniche, superata
ormai la congiuntura sfavorevole che ne aveva arrestato lo svi–
luppo, entrarono, come del resto tutta l'economia nazionale, in una
fase cli rapida espansione. Una delle caratteristiche di questo svi–
luppo
fu
senza dubbio la riorganizzazione finanziaria delle principali
aziende. I dati in proposito sono abbastanza eloquenti. All'inizio
del 1898, secondo la
«
Statistica Industriale Lombarda
»,
le società
anonime metallurgiche o meccaniche lombarde erano appena una
decina, con un capitale complessivo di otto o nove milioni.
Da
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Biblioteca Gino Bianco