

tutto per le vallate prealpine. In proposito basta
osservare
che
su
circa 9.500 operai ad essa addetti solo 2.350. lavoravano in pro–
vincia di Milano, mentre il triplo erano sparsi negli opifici del
comasco, del bresciano e del bergamasco.
L'insieme di questi fattori (settore industriale caratterizzato
dalla prevalenza di medie e piccole imprese, mancanza di accen–
tramento delle stesse e quinçli di grandi concentramenti di lavora–
tori, figura ancora predominante dell'operaio-contadino, ecc.)
è
mol–
to significativa per
il
nostro studio perché, se si tien conto anche
del relativamente tardo sviluppo dell'industria meccanica, contri–
buisce a spiegare come mai in Lombardia solo dopo
il
1890 gli
operai metalmeccanici abbiano cominciato a sviluppare, in forme
ancora incerte, un'autentica coscienza di classe. Un vero e proprio
proletariato metallurgico lombardo, legato cioè a strutture indu–
striali di tipo autenticamente capitalistico, cominciava cosl a costi–
tuirsi solo verso la fine del secolo.
Officine meccaniche.
Profondamente differente era invece la si–
tuazione strutturale dell'industria meccanica, sempre secondo i dati
della
«
Statistica Industriale Lombarda ».
Nel Bergamasco non esistevano industrie meccaniche di un certo
rilievo: vi si trovavano infatti solo poche officine che occupavano
da due a trenta operai. Il totale dei lavoranti dell'industria mecca–
nica e delle fonderie annesse era di 693.
Nella provincia di Brescia esistevano fabbriche - anche im–
portanti - di armi, proiettili, ecc. che abbiamo già considerate nel
settore della metallurgia, perché in effetti molto spesso, visti gli
stretti legami fra i due rami, la distinzione si presenta ardua e
comunque spesso artificiosa. Oltre alle armerie esistevano poi nel
bresciano alcune piccole officine meccaniche con un totale di circa
400 operai.
Nella provincia di Como l'industria meccanica era esercitata in
32 officine che occupavano 437 operai per circa 290 giorni al–
l'anno. Si segnalavano la
«
Officina Meccanica con fonderia Badoni
»
a Castello, con due forni per rifondere la ghisa e tre fucine per il
ferro. Questa ditta, con 81 operai, si era specializzata nella fabbri–
cazione di impianti industriali. Di un certo rilievo era anche la
«
Società di Navigazione Lariana» che occupava 61 operai nella
costruzione e riparazione di battelli.
In pt0vincia di Cremona erano 20 le officine meccaniche, per
un totale di 270 operai; a Mantova erano 37 e gli operai 446; a
Pavia circa 50 con 663 lavoratori. In questa città si segnalava per
importanza la
«
A. Necchi
»:
essa disponeva di tre forni, di cui
uno a crogiuolo, di un motore a vapore di 10 cav. din., di una
caldaia di 12 cavalli dinamici ed occupava 11
O
operai.
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