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manoscritto che incitava i muratori all'unione e allo sciopero.

Le

indagini della polizia si orientarono pertanto verso i muratori tici–

nesi che lavoravano a Milano e che erano sospettati, a ragione, di

essere i promotori dello sciopero.

La sera dell'8 luglio una rappresentanza di muratori si presentò

al questore per chiedere l'inter vento delle autorità, poiché i capi–

mastri si erano rifiutati di concedere gli aumenti richiesti; essi chie–

devano il pagamento in lire italiane e di formare tre classi di mu–

ratori, con retribuzioni di lire 2 per la 1• classe, lire 1,75 per

la

2•

e lire 1,50 per la 3' . Il questore, in quella circostanza, non volle

farsi mediatore, per cui lo sciopero ebbe inizio il giorno successivo.

Al mattino numerosissimi muratori si radunarono al Pontaccio, quasi

tutti in abito festivo, data la loro intenzione di non andare a lavo–

rare finché le loro richieste non fossero state accolte; quel giorno

infatti nessuno lavorò

«

e nemmeno quelli che erano di opposto pa–

rere, temendo i medesimi di essere maltrattati ». Nel pomeriggio

fu tenuta una numerosa riunione al Cimitero Nuovo, nel corso della

quale si stabill un incontro con questore e capimastri ed una suc–

cessiva riunione di muratori il giorno dopo. Nonostante le pressioni

delle autorità e dei capimastri, gli operai riuscirono a perdurare nel–

lo sciopero per tutta la settimana; sul principio la polizia si limitò

alla sorveglianza, quindi intimò ai muratori di tornare

al

lavoro o

di starsene a casa. Molti vennero fermati, ma

«

non essendo a loro

carico che di essere stati colti in ozio» vennero rilasciati con il foglio

di via. Il giorno

12

neswno si recò a lavorare, mentre il 13, quinto

dello sciopero, alcuni avrebbero voluto riprendere il lavoro, secondo il

questore, ma ne erano impediti da una squadra di muratori che anda–

vano in giro per la città , per distogliere quelli che vi si applicavano.

La

mAg iot pa1te d~gli operai, comunque, si astenne dal lavoro per

tutta la settimana, finché i capimastri dovettero cedere. Il giorno

successivo, pert anto , sulle cantonate della città apparve

il

manifesto

della questura che annunciava la risoluzione dello sciopero; i capi–

mastri avevano concesso l'aumento del 20%, oltre al pagamento in

lire italiane ed un'ora in più per la sosta del mezzogiorno nei due

mesi più caldi. Il manifesto si chiudeva minacciando misure di ri–

gore contro chiunque avesse tentato di persistere nello sciopero;

infatti fra gli operai continuava a serpeggiare il malcontento poiché

i capimastri avevano respinto ogni richiesta di riduzione dell'orario,

che continuò a protrarsi da un'avemaria all'altra.

Lo

sciopero dei muratori passò inosservato (o volutamente inos–

servato) sulla stampa cittadina, in quei giorni dedita quasi esclusi–

vamente alle cronache e ai commenti sui fatti di Napoli; al con–

fronto con i successivi scioperi della categoria

165

,

sembra che la re–

sistenza dei capimastri sia stata piegata con relativa facilità, in que–

sta occasione.

A

ciò dovette contribuire, da un lato il caratteristico

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