

2. Condizioni di
vita
e di lavoro dei muratori
Negli ultimi decenni dell'800 solo una parte dei muratori che
lavoravano a Milano avevano residenza stabile
in
città. I più pro–
venivano dal Varesotto e del Comasco, dove era presente da secoli
un'antica tradizione muraria. Esisteva già allora un'emigrazione
verso la Svizzera, la Germania ed il Belgio, ma
la
maggior parte
dei muratori si riversavano verso i centri della pianura padana
e in particolare verso il capoluogo lombardo.
Particolarmente nel periodo fra 1'80 e il '90, caratterizzato
come si
è
visto da un notevole sviluppo dell'attività edilizia nel
capoluogo lombardo, il richiamo della città
fu
assai notevole, tanto
più favorito dalla crisi agricola che colpiva in quegli anni le popo–
lazioni delle campagne; gran parte di questi muratori rimanevano
dei contadini, che compensavano gli scarsi redditi dell'agricoltura
con il lavoro edile, che richiedeva
in
larga misura manodopera
non qualificata, saltuaria e a basso prezzo.
I muratori che vivevano a Milano erano anch'essi di origine
contadina; si stabilivano per la maggior parte nel sobborgo di
Porta Tenaglia, in quel quartiere operaio alle porte di Milano
situato in direzione dei territori di provenienza, dal quale si
raggiungeva agevolmente
la
località detta del Pontaccio (l'attuale
via Tivoli) dove, secondo un'usanza che durava da secoli, si te–
neva nei giorni di lavoro il mercato della manodopera dei mu–
ratori
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Quelli che abitavano nei paesi compresi nella periferia
di 20
km.
da Milano, si mettevano
in
cammino nelle primissime
ore del lunedl e dopo aver compiuto a piedi l'intero tragitto giun–
gevano al
«
Ponte
»
con i loro attrezzi da lavoro bene
in
vista,
per mettere
in
evidenza la loro qualifica (il martello e la caz–
zuola
per
il muratore, il badile per il manovale); ll aspettavano
l'arrivo dei capimastri o dei loro assistenti,
i
«
casciacan ,., che
facevano la loro scelta basandosi per lo più sulle conoscenze,
le
amicizie o le parente le
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