

lire 3 per
ogni
100 cappelli, e confezionandone dai 100 ai 200
al
giorno riu–
scivano a guadagnare in media lire 3,50 giornalmente; ora, mercé l'introdu–
zione della macchina,un uomo addettovi, pur guadagnando
lire
3,,0
al
giorno,
riusciva a confezionare, si dice, o meglio si crede,
dai
400 ai 500 cappelli,
e anche l'uomo venne, ultimamente, sostituito con dei ragazzi a cui si danno
lire
1,50
al
giorno e da cui si pretende che vengano confezionati giornalmente
almeno 300 cappelli. Cosi pure nclla sezione informatori. Prima ogni 100
cappelli si pagava, per la mano d'opera, dalle lire 1,45 alle lire 1,60, cosicché,
confezionandone dai 200 ai 300, l'operaio riusciva a guadagnarsi circa lire 3,50
al
giorno; ora,
alla
macchina, un uomo, coadiuvato da un ragazzo, e a cui
si danno lire 3,25 o lire 3
al
giorno, dovrebbe, secondo quanto si pretende
.
dal proprietario
il
quale, coi continui cambiamenti e colle minacce
di
licen–
ziamento tende appunto a provare la capacità produttiva massima della mac–
china e dcll'uomo, oonfezionare dai 600 agli 800 cappelli
al
giorno
147•
Nella loro smania di profitti gli imprenditori arrivavano a li–
miti
di cinismo quasi incredibili: lo stesso Ricci, dopo aver rein–
trodot ta la lavorazione del cappello di pelo, aveva preso ad affidare
le pelli da ritagliare a lavorant i a domicilio, trattandosi di un lavo–
ro che non era possibile fare a macchina, un lavoro sporco che span–
deva pelo da ogni parte e produceva infezioni. Di fronte alle sue
pretese di ridurne
il
compenso, le lavoranti non se lo vollero più
assumere, e il buon Ricci non seppe far di meglio che affidarlo alle
ospiti della Casa d'Industria, cosl a quel lavoro antiigienico furono
costrette delle povere vecchie
143
•
A proposito di donne, la
«
lodevole iniziativa
»
del Cambiaghi
del luglio 1900
149
,
con la quale si raccomandava alle donne incinte
«
di astenersi dal lavoro in tempo opportuno
»
e le si obbligava
a riprendere il lavoro solo 15 giorni dopo il parto con un bonifico
di paga di 1O lire, ci
fa
pensare a quali dovevano essere le condi–
zioni delle lavoratrici madri negli altri stabilimenti!
All'inizio del secolo rimanevano immutate anche le condizioni
di vita degli operai monzesi. Sulla urgenza e la gravità del pro–
blema delle case operaie insisteva cosl la
«
Brianza
»
nel maggio
del 1900:
Basta dare una capatina
in
certe viuzze
in
cui
le case si addossano le
une alle altre, con finestrelle insufficienti; basta dare un'occhiata, dalle porte,
in
certi cortili sudici, in cui uno strato stazionario
cli
melma grassa ricopre
il
terreno,
per
esserne convinti.
Ché
se
poi
si entra sotto quegli androni
umidi
e scuri, una tanfata pestilenziale vi verrà
in
faccia, ributtandovi indietro con
un senso
di
nausea. Dentro, alzate
gli
occhi,
e voi vedrete
i
ballatoi scompa•
rire sotto tutta una distesa
di
lenzuola,
cli
camicie,
di
calze
appese ad asciugare
o a prendere aria ... E
in
quelle camere, spesso oscure, prive d'aria circolante,
i
letti si addossanol'un l'altro ad accogliere,
in
una stessa cameraintere famiglie
numerose;
il
letto matrimoniale ospita, ogni sera, fino a tre, quattro, cinque
dormienti...
i
malati dormono s~so, non solo nella stessa camera degli
altri,
ma persino nello stesso letto...
1!0,
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Biblioteca Gino Bianco