

2. Gli
operai
Le
condizioni di lavoro dei cappellai, estremamente dure e note–
volmente insalubri ancor oggi (tanto che uno dei motivi dell'attuale
crisi del settore
è
proprio la mancanza di nuove leve di lavoratori che
sono allontanate dalla cappelleria dall'ambiente che
è
al limite
della sopportazione fisica), erano strettamente dipendenti dal pro–
cesso di lavorazione del feltro le cui principali fasi, legate al feno–
meno naturale della feltrazione, sono rimaste pressoché inalterate
nel tempo, malgrado la meccanizzazione degli impianti. L'introdu–
zione del regime di fabbrica, con la conseguente divisione del lavoro,
modificò ben poco queste condizioni, e anzi in qualche caso le peg–
giorò, soprattutto per quei lavoratori costretti per tutta la giornata
alle fasi più malsane.
Per
il
periodo preindustriale abbiamo poche testimonianze, ma
sufficienti a provare come, oltre che sullo sfruttamento economico
a cui erano sottoposti i cappellai dipendenti della bottega artigianale
prima e della manifattura poi, l'industria moderna del cappello di
feltro fondò le sue fortune su uno sfruttamento intensivo della forza
lavoro. Molto pittoresco
è
il
ritratto del vecchio tipo del cappellaio
della bottega artigianale, pubblicato dal
«
Lambro
»
quando ormai
questa non era che un lontano ricordo per i monzesi:
Lavorava libero al sole,
fu.ordella porta del suo tugurio, curvo sul tavo–
lino, colla canzone in voga sul labbro; la pigna dei
feltri
passava rapida
sotto
il
suo pugno nero, consumavasi
il
pomice ma non veniva meno la lena.
Era sporco, ma nobilmente sporco; aveva l'occhio cerchiato di rosso e l'al>
bondante capigliatura trattenuta
in
giro da una funicella: portava la camicia
aperta sullo stomaco peloso e dalle maniche rimboccate
gli
uscivano le braccia
nerborute
~
screpolate di nero: alla canicola lo si vedeva denudato fino alla
cintola. Prendeva sul serio la protezione di S. Giacomo, e ne' concetti d'as–
sociazione non arrivava fuori
del•
cerchio della Società Lavoranti
Cappellai
di
allora che suffragava
i
morti e trascu.rava
i
vivi.
La
questione sociale non era
per lui che una questione di tetto, della cui selvaggina era buongustaio
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Biblioteca Gino Bianco