

Come si vede si trattava di aumenti considerevoli, del resto con–
fermati anche per gli anni successivi per queste che erano le indu–
strie che come abbiamo visto avevano ormai raggiunto la più salda
strutturazione capitalistica
41 •
Il 26 ottobre 1893 lo stabilimento Carozzi riceveva la visita
di
Umberto I, il che conferma la sua importanza di industria
moderna
all'avanguardia per i tempi. Molto eloquente la cronaca dell'avve–
nimento riferita dal « Lambro »:
Ad
ogni
salone che
gli
parava d'innanzi pieno
di
operai e
cli
nuovi
congegni,
iJ
Re non poteva trattenere la propria sorpresa; sorpresa che d'altra
parte non nascose
al
signor Carezzi dicendogli che vent'anni or sono aveva
visitato le fabbriche monzesi Villa e Meroni, ma che non si sarebbe imma–
ginato mai che l'industria dei cappelli avesse subita una tale
uasformazione
[...].
Il cronista metteva in rilievo poi la cospicua produzione annua di
2 milioni di cappelli (dei quali più di due terzi esportati) ed una
manodopera di circa 600 operai ".
Ma intanto, come abbiamo detto, si era andata acuendo la crisi
di sovrapproduzione, in merito alla quale si susseguivano le lagnan–
ze sui giornali locali, con i conseguenti ripetuti tentativi da parte
degli imprenditori di riduzione dei salari alla manodopera che per
questo proprio in questi anni intensificò, come vedremo, le sue
lotte
43 •
Di
questa crisi, ripetiamo , ebbero a sopportare le più
gravi
conseguenze soprattutto le ditte minori, che erano legate al mer–
cato nazionale, mentre da essa uscirono non solo indenni ma raf–
forzate quelle che potevano ormai contare su una sempre più mas–
siccia e diffusa esportazione. Significativo, per quest'anno
di
crisi,
il nuovo aumento a lire 30.000 di imponibile proposto dalla revi–
sione biennale dei ruoli di ricchezza mobile per la ditta Valera
&
Ricci, ditta che aveva fra l'altro ripreso proprio in quegli anni la
produzione dei cappelli di pelo introducendovi tutte le più mo–
derne macchine".
L'arma dei bassi prezzi, con la quale questi monzesi battevano
ormai tutti i concorrenti stranieri in campo internazionale, e che
aveva del resto provocato la crisi, si basava chiaramente soprat–
tutto sullo sfruttamento cui sottoponevano le proprie maestranze.
Certamente lo sviluppo raggiunto dalle maggiori fabbriche
era anche dovuto all'intraprendenza degli industriali, cioè
- come osservava
il
Carera -
«
al non avere i fabbricatori teso–
reggiato i guadagni convertendoli in terre od in titoli, ma all'averli
impiegati tutti nello ampliare le fabbriche, nell'acquistare sempre
macchine nuove », ma soprattutto dipendeva - come aggiungeva
molto seraficamente - dall'
«
essere essi coadiuvati da una mae–
stranza intelligente, capace, onesta, sobria, che intul subito come
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