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la

materia prima, la lana, proveniva da Francia, Inghilterra e Ger–

mania; i prodotti erano venduti in

«

imbastiture da confezionarsi»

(denominate

«

cappelli di panno ») e confezionati; il lavoro era

ormai quasi totalmente compiuto con macchine speciali; l'esporta–

zione avveniva soprattutto verso i paesi dell'America del Sud;

l'industria soffriva già di una prima crisi di sovrapproduzione:

«

Gli stabilimenti di Monza complessivamente possono produrre la

grossa cifra di 3 milioni di cappelli all'anno. Ma non li produ–

cono, perché non saprebbero come venderli »

30 •

Da una

Guida di Monza

per l'anno 1891 ricaviamo che ben

10 fabbriche di cappelli possedevano caldaie a vapore, e questo

dato, confrontato con quello della

Statistica Caldaie a Vapore

com–

pilata a cura della Camera di Commercio di Milano al 30 giu–

gno 1891, che contava in Monza un totale di 16 caldaie,

è

una

chiara prova dell'importanza assunta dalla cappelleria nella indu–

stria monzese

31

Fra l'altro dalla stessa

Guida

vediamo come al

continuo espandersi dell'industria del cappello avesse fatto seguito

una discreta proliferazione di industrie collaterali produttrici di

articoli vari per la cappelleria, come forme per cappelli, fodere e

nastri. Ma la crisi di sovrapproduzione cui si accennava faceva in–

tanto le sue vittime: la più famosa di esse

fu

la ditta F.lli Paleari,

il cui dissesto del 1892

fu

però accomodato nel giro di un mese

32

Nell'agosto 1892 all'Esposizione Italo-Americana di Genova

furono largamente rappresentate le industrie del cappello monzesi.

Il cronista del

«

Lambro », nella rassegna delle ditte espositrici

33

,

ci offre dei dati piuttosto interessanti: G. Cambiaghi nel 1890

aveva esportato 123.000 cappelli; nel 1891, 237.000 e nel primo

semestre 1892, 151.000. Lo stabilimento produceva,

«

ultimati e

guarniti», 4.000 cappelli al giorno. Valera

&

Ricci, oltre all'an–

nuncio dell'apertura di uno stabilimento anche a S. Martin de

Provensal presso Barcellona (per - come affermava il Sabbatini -

«

conservare a sé il mercato spagnuolo sul quale i prodotti del–

l'industria italiana avevano trovato importante sfogo prima che

fossero inaspriti i diritti doganali »

34 )

potevano vantare relazioni

d'affari con numerosi paesi europei ed americani, comprese le isole

Antillç e Cuba, ed una esportazione annua di 500.000 cappelli.

I F.lli Meroni avevano rappresentanti a Parigi, Londra, Amburgo e

Berlino e la loro esportazione raggiungeva, oltre che le due Ame–

riche, l'Australia e la Cina. Nel 1888 avevano esportato 240.000

cappelli, nel 1889 350.000 , nel 1890 560.000, nel 1891 850.000

e nel primo semestre 1892 600.000 cappelli per un valore di

700.000 lire. La G. Carozzi

&

C.

annunciava una produzione an–

nua di 2 milioni di cappelli

«

di qualità diverse e generi speciali »

con 800 operai addetti allo stabilimento

35

Indubbiamente i dati riferiti sembrano quasi incredibili sol

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